19 Marzo 2023

Agadez

Agadez, in Niger, non si guarda solamente. La si deve respirare, fino in fondo. È una città che scava dentro e lascia il segno.

Agadez

Agadez non si guarda solamente. La si deve respirare, fino in fondo. È una città che scava dentro e lascia il segno. Mi piace pensare che questo luogo sia un punto di arrivo, una meta, da dove poi ripartire per un altro viaggio. Alla ricerca di un’altra meta. Dalla gare routière, situata all’ombra del minareto, partono gli autobus per Niamey, per Lagos, per Lomé. Se invece si vuole andare a Ouagadougou, si deve trovare una coincidenza nella capitale, oppure affidarsi al destino e alla collettività di un taxi brousse. Ore di viaggio, a volte interminabili giorni, su improvvisati mezzi di trasporto tenuti assieme da saldature approssimative e fil di ferro. Gli autobus partono quando i portapacchi sono carichi all’inverosimile: sacchi contenenti stoffe da rivendere nei mercati di Niamey, scatoloni dal contenuto misterioso, tenuti assieme da metri di nastro adesivo avana, vecchie valigie rigonfie al limite dell’esplosione, caprette con le zampe immobilizzate da una corda, gabbie di polli, cataste di fascine. I passeggeri prendono posto sui sedili all’ultimo minuto, quando il motore è già avviato e sta borbottando. C’è anche chi viaggia seduto su uno scatolone o accovacciato nel corridoio.

Agadez fu fondata prima del XIV secolo. Da sempre è stata interessata al traffico degli Azalai, le carovane di dromedari che trasportano il sale da Bilma. Facente parte del distretto di Tchirozerine, è il capoluogo dell’omonima regione, nonché la capitale dell’Air. Oggi la città è conosciuta per l’importante mercato dei cammelli, per la lavorazione delle pelli e il commercio di argenteria. Agadez, unitamente ad Arlit, è anche uno dei maggiori centri per l’estrazione dell’uranio. Già nel 1500 Agadez contava una popolazione di ben trentamila persone. Essa costituiva un importante centro per le carovane che commerciavano sale in quasi tutta l’Africa Occidentale, nonché con le oasi del Sahara e le città del Mediterraneo. Ancora oggi, camminando per la città lungo le strade ricoperte di sabbia, si può respirare l’atmosfera di un tempo, quando dal Mali e dalla Libia, le carovane portavano fino a trentamila dromedari carichi di sale e metalli preziosi.

La Grande Moschea, nel cuore della città vecchia, è l’edificio più importante di Agadez. La sua costruzione, nel tradizionale stile sudanese in banco (impasto di argilla), risale al 1515. Oltre al minareto, che con la sua silhouette al tramonto caratterizza la visione del viandante che arriva dal deserto, il Grand Marché è sicuramente uno dei luoghi più caratteristici dell’oasi. Centinaia di bancarelle ricoperte perennemente da un velo di polvere rossa sono il cuore pulsante del luogo. In questo mercato si trova ogni cosa: pezzi di ricambio per auto, braccialetti, borsette in simil coccodrillo, orologi, profumi, tessuti, ciabatte in gomma ricavate dai copertoni delle auto... Nel Grand Marché c’è anche una zona riservata agli alimentari: datteri, cipolle, aglio, spezie coloratissime, peperoncini, mazzetti di prezzemolo, verdure di cui non conosco il nome. C’è chi vende parti di montone ricoperte di mosche, interiora di bovini, frattaglie di ovini già cotte… Il frastuono è assordante. Si commercia ad alta voce in questo mercato, gli affari si fanno urlando.

Il vecchio quartiere di Agadez è un labirinto, ci si perde se non si conoscono i vicoli. Qui la vita trascorre da sempre nel lento fluire africano. Il tempo sembra essersi fermato, le ore passano con ritmi legati alla dimensione del luogo, non esistono lancette di riferimento.

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Data di aggiornamento: 19 Marzo 2023

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