03 Marzo 2020

Bene comune

Il dialogo è faccenda estremamente seria, ricerca faticosa, umiltà. Comporta mettersi in gioco, nella consapevolezza che non esiste un mio o altrui bene contrapposto ad altri.
La cittadinanza attiva è la chiave per un futuro di pace e sviluppo.
La cittadinanza attiva è la chiave per un futuro di pace e sviluppo.
© VECTOR_S / GETTY IMAGES

«Caro direttore, noto sempre di più l’avanzare di linguaggi e comportamenti non consoni, atti a offendere, minando la convivenza civile. Anche nelle comuni conversazioni si sposta l’attenzione soltanto su ciò che interessa, esasperando i toni, con continui ricatti, minacce, ecc. Al contrario, il dialogo costruttivo e il confronto insieme all’ascolto non devono mai mancare, perché utili a intercettare i difficili cambiamenti in atto. Tutti dobbiamo rivalorizzare il bene comune. In ogni contesto: dal condominio al luogo di lavoro. Essere, in definitiva, cittadini attivi evitando le manipolazioni, utili a pochi e controproducenti per molti. Senza scordare la solidarietà generazionale, per sfruttare al meglio le opportunità di sviluppo». Lettera firmata

«Parliamone…»: quante volte ci è capitato di proporre questa strategia per risolvere un problema o affrontare un disaccordo?! Prima che sia troppo tardi e la situazione degeneri irrimediabilmente. O allorché ci pare di esserci incasinati in una strada senza via di uscita. Lo fanno i genitori con i figli, il marito con la moglie e viceversa. In questo modo si raggiunge già il primo prezioso risultato utile che il dialogo regala: ci si prende tempo, si sospendono per un attimo conclusioni affrettate e decisioni drastiche.

Diciamo che si salva la relazione prima ancora che i contenuti per cui ci si sta accalorando e dibattendo. La qual cosa è così importante che san Francesco, di fronte alla possibilità che un frate abbia dei seri motivi per non obbedire agli ordini del suo superiore, scrive: «Se poi il prelato dovesse comandare al suddito qualcosa contro la sua anima, pur non obbedendogli, tuttavia non lo abbandoni. E se per questo dovrà sostenere persecuzione da parte di alcuni, li ami di più per amore di Dio. Infatti, chi sostiene la persecuzione piuttosto che volersi separare dai suoi fratelli, rimane veramente nella perfetta obbedienza, poiché offre la sua anima per i suoi fratelli» (Ammonizione III).

In caso contrario, conclude drastico Francesco, il frate sarebbe un vero… «omicida», anche solo perché, in nome delle proprie ragioni, elimina simbolicamente il fratello. Quante guerre, mondiali o personali, in meno ci sarebbero se solo si tenesse ben presente questo principio? Perché il dialogo, se autentico, presuppone che mio fratello, o comunque chi ho di fronte, sia molto più importante che non stabilire chi abbia torto e chi ragione. Presuppone, cioè, un’identità forte, ma non un’ossessione identitaria: che io sia davvero convinto della mia posizione e delle mie idee, ma così tanto convinto da non temere di metterle pure in discussione o di confrontarle con le posizioni altrui. Da cui non ne posso uscire che… migliore e ancora più convinto. Anzi, da cui non ne possiamo uscire, sia io che l’altro, migliori entrambi. Il dialogo è faccenda estremamente seria, ricerca faticosa, umiltà, che rifugge sia gli estremismi che i minestroni indistinti dei «volemosebene». Comporta mettersi in gioco, nella consapevolezza che non esiste un mio o altrui bene contrapposto ad altri. Il resto si chiama in altro modo.  

Data di aggiornamento: 03 Marzo 2020
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