Comunicatori di speranza nel mondo di oggi

Quasi novemila giornalisti di tutto il mondo sono accorsi in Vaticano tra il 24 e il 26 gennaio 2025 per partecipare al primo dei grandi eventi giubilari: il Giubileo del mondo della comunicazione.
05 Febbraio 2025 | di

Sono stati i giornalisti e i comunicatori ad aprire la prima delle grandi giornate giubilari. Complice la festa di san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, che ricorre il 24 gennaio. E così, circa 9 mila giornalisti provenienti da tutto il mondo si sono dati appuntamento in Vaticano, nel fine settimana del 24-26 gennaio, per farsi «pellegrini di speranza». In un tempo, come quello attuale, in cui la speranza va ricercata con cura e precisa volontà nelle pieghe di una storia che non pare offrire molti appigli per sperare in un futuro buono.

La tre giorni si è aperta con il Messaggio di papa Francesco per la giornata delle comunicazioni sociali – Condividete con mitezza la speranza che sta nei vostri cuori (cfr 1Pt 3,15-16) –, che si festeggia in questo 2025 il 1° giugno, Messaggio che viene diffuso ogni anno proprio in concomitanza con la festa di san Francesco di Sales. Un messaggio importante, in cui il Papa invita i giornalisti a «disarmare la comunicazione» per renderla sempre più strumento di incontro e non di scontro, di comprensione di un mondo sempre più complesso, rifuggendo da facili polarizzazioni. Una comunicazione e un giornalismo che abbiano sempre al centro il bene delle persone, in particolare dei più poveri e vulnerabili.

Il primo grande momento di questa tre giorni giubilare si è tenuto a San Giovanni in Laterano, dove, il venerdì sera, si è svolta la liturgia penitenziale seguita dalla Messa internazionale della memoria liturgica di san Francesco di Sales, presieduta dal cardinale Baldo Reina, vicario generale del Papa per la diocesi di Roma. L’alto prelato ha fatto proprio l’invito del Pontefice a ricercare una «comunicazione mite», che «collabora con la verità», come quella di Gesù. Perché, ha ricordato, «per disarmare la comunicazione dobbiamo innanzitutto disarmare il nostro orgoglio, senza pensare di essere superiori agli altri, migliori degli altri, in grado di giudicare gli altri»: la Scrittura infatti «è chiara, solo Dio è giudice».

Il sabato mattina, poi, dopo il pellegrinaggio alla Porta santa, si è tenuto in sala Nervi l’incontro con il Pontefice per «tornare alle radici del mestiere di giornalista, tornare alle radici della nostra speranza. Per comprendere se e come sia possibile costruire nella verità un futuro di speranza per tutti noi nel rispetto di chiunque», come ha ricordato il Prefetto del Dicastero vaticano per la comunicazione, il giornalista Paolo Ruffini, ai partecipanti.

Ad aprire l’appuntamento della mattinata, la tavola rotonda cui hanno preso parte Maria Ressa, giornalista filippina naturalizzata americana, premio Nobel per la pace 2021, e lo scrittore e saggista irlandese Colum McCann, moderati da Mario Calabresi. «Si può ancora comunicare con speranza o la nostra informazione oggi è una narrazione disperata?» si è chiesto Calabresi, ricordando come oggi pare diffusa una narrazione in cui si fatica a riconoscere negli altri le nostre stesse paure, sperimentando quell’identificazione che è il vero antidoto all’odio e alla violenza. E ha concluso sottolineando come chi fa il mestiere di comunicatore, debba essere consapevole della propria responsabilità e avere il desiderio di non raccontare solo il male, ma di farsi costruttore di senso invece che seminatore di rabbia, disperazione, odio.

«Questo – ha sottolineato Maria Ressa – è un tempo di nuovo impegno per la comunità globale». Il perseguimento del potere e del denaro hanno purtroppo avviato metanarrative (anche attraverso i social) che hanno creato una vera e propria epidemia di solitudine. «E tutto ciò è avvenuto anche attaccando i giornalisti, minando la loro credibilità», com’è accaduto alla stessa Ressa, che, prima di essere arrestata dal governo filippino a causa delle sue denunce contro la violenza di Stato, ha ricevuto per due anni, sui social, circa ottanta messaggi di odio all’ora, proprio perché la sua credibilità venisse minata, e in un anno dieci mandati di arresto. Eppure questa piccola grande donna ha continuato a denunciare ciò che non andava, perseguendo quello che è il principio che ispira il suo agire: «Fai agli altri quelli che vorresti fosse fatto a te. Con il coraggio di costruire ponti quando sarebbe più facile fare muri». E ai presenti ha voluto lanciare la sua ricetta per costruire un’informazione di speranza: «Collaborare collaborare collaborare, per rinforzare la fiducia tra giornalisti»; «dire la verità con chiarezza morale, perché il silenzio è complicità», nella consapevolezza che «le persone di fede devono poter esprimere la loro voce profetica»; «proteggere i più vulnerabili, perché le nostre reti possono essere potenti scudi per le comunità perseguitate: tutti noi dobbiamo riconoscere la nostra forza e il nostro potere, un’onda di cambiamento per il bene».

È stata poi la volta di Colum McCann, il quale da anni è impegnato nel portare avanti una narrazione che favorisca l’incontro tra persone. «Qualsiasi occasione che crea legami emotivi tra persone – ha sottolineato – può contrastare la guerra. […] Perché il mondo è fatto di storie. Le storie sono il collante che ci tiene uniti. Chi infatti può negare l’umanità di una persona dopo aver sentito la sua storia? Chi può bombardare un mercato se si conoscono le storie e i volti di coloro che lì si trovano? Quando non ascoltiamo o annientiamo le storie degli altri, il mondo diventa più povero. Consentiamo a crimini di accadere». E allora, ha proseguito, dobbiamo riannodare i fili del tempo, perseguendo tutti insieme uno storytelling che sia anche storylistening: solo questo può cambiare davvero la situazione attuale. McCann ha creato un’associazione, «Narrative 4», che ha esattamente questo scopo: favorire l’incontro face to face tra giovani, i quali si ascoltano e raccontano vicendevolmente. Un’esperienza «basata sulla gentilezza, che si sta realizzando in decine di Paesi nel mondo». Nelle aule scolastiche e fuori. Perché solo «raccontandoci e ascoltandoci a vicenda scopriamo che siamo molto più simili di quanto pensiamo e possiamo divenire veri “pellegrini di speranza”, come dice il Giubileo. «I cinici – ha concluso – magari ci daranno degli ingenui. Ma io penso che forse i veri ingenui sono loro che rifiutano la speranza. E noi dobbiamo abbracciare anche i cinici, per donare loro un briciolo di “guarigione”».

Dopo un breve intervallo musicale che ha visto protagonista il violista di fama mondiale Uto Ughi, l’incontro con papa Francesco. Un incontro che ha spiazzato i presenti, perché il Pontefice, rimandando alla lettura personale del lungo testo che era stato preparato per l’occasione, ha rivolto ai presenti poche ma incisive parole: «Comunicare – ha infatti sottolineato – è uscire un po’ da sé stessi per dare del mio all’altro. E la comunicazione non solo è l’uscita, ma anche l’incontro con l’altro. Saper comunicare è una grande saggezza! Sono contento di questo Giubileo dei comunicatori. Il vostro lavoro è un lavoro che costruisce: costruisce la società, costruisce la Chiesa, fa andare avanti tutti, a patto che sia vero. “Padre, io sempre dico le cose vere…”, “Ma tu, sei vero? Non solo le cose che tu dici, ma tu, nel tuo interiore, nella tua vita, sei vero?”. È una prova tanto grande. Comunicare quello che fa Dio con il Figlio, e la comunicazione di Dio con il Figlio e lo Spirito Santo. Comunicare è una cosa divina. Grazie di quello che voi fate, grazie tante!».

Infine, nella mattina di domenica 26 gennaio, Giornata della Parola, i giornalisti presenti hanno partecipato alla santa Messa in San Pietro e al successivo Angelus, al termine dei quali sono ripartiti ognuno per il proprio luogo di provenienza, rinforzati nella certezza che «il male ha i giorni contati» se sapranno sempre tornare a quella radice di speranza alla quale hanno attinto in questa occasione.

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Data di aggiornamento: 05 Febbraio 2025
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