Cura
Solo la buona cura, la relazione, l’ascolto hanno il potere di guarire. E lo fanno in maniera direttamente proporzionale alla fragilità che hanno di fronte. La medicina non basta da sola.
I miracoli che nessuno si aspetta quasi sempre li compiono certo la tecnica, il corretto approccio medico-scientifico ma, ancor di più, l’attenzione, il rispetto, la dedizione. E ancora, il saper ascoltare, pure in silenzio e anche da parte del medico, chi non ce la fa a comunicare, chi è in apparenza aggressivo o scontroso, ma molte volte sta solo soffrendo e non può o non sa dirlo.
A esserne convinto Marco Trabucchi che da sempre si occupa, da medico, della vecchiaia e della malattie legate all’invecchiamento. Proprio gli anziani sono tra le persone più fragili e vulnerabili. «”Cura” è la parola del nostro tempo più richiesta e più dimenticata – spiega Trabucchi –. La solitudine sembra essere la compagna più diffusa nella vita dei nostri contemporanei, che vorrebbero essere accompagnati nella vita da persone che si caricano sulle spalle le loro crisi e le loro incertezze. Purtroppo questo non sempre avviene in una comunità in cui la vita assieme sembra sempre più faticosa. “Cura” è parola chiave anche in medicina, perché deve accompagnare la tecnica, che da sola spesso non raggiunge adeguati obiettivi di salute».
La cura è paradigma centrale nella vita, sia che venga ricercata, sia che si ritenga di poterne fare a meno, sia che venga rifiutata. È atteggiamento sempre presente nell’animo umano, perché la cura che si riceve e si dona è parte del cuore.
Con un linguaggio dalla semplicità disarmante, l’autore fa capire come la cura sia lo strumento per tirar fuori l’umanità che si trova in ciascuno di noi.
Quel «fare bene» che spinge a chiederci se anche noi facciamo bene quello che facciamo, nel lavoro, con i nostri famigliari, nelle relazioni, nelle azioni quotidiane, nelle parole.
Se anche noi carichiamo sulle spalle noi stessi, con tenerezza, per essere migliori.