Distante dal rumore di fondo
Abbiamo provato a dimenticare tutto, a non ascoltare più i nostri ricordi, i nostri affetti, il nostro cuore. Abbiamo provato a non ascoltare più nulla.Viviamo anestetizzati dai nostri impegni, seguaci di un efficientissimo sistema che ci snerva fino a consumare le fibre più nascoste della nostra sopportazione.Ci siamo riempiti le orecchie di parole, non tutte vere, non tutte importanti. Molto rumore e solo qualche assordante silenzio, da cui siamo fuggiti come le tenebre al sorgere della luce. Eppure solo la fatica di quel silenzio poteva riportarci alla luce, solo quel silenzio poteva farci ritrovare noi stessi, riconquistare quanto volutamente dimenticato, disperatamente messo a tacere. E il nostro cuore è rimasto obliato, anch’esso disatteso in quella inquietudine che lo muove verso qualcosa di cui ha dimenticato perfino il nome.
«Non ce la faccio più, ho paura, non sento più niente, se non un vuoto indicibile», e guardava altrove, come per nascondersi ancora, come per cercare una via di fuga. Quando tutto si spegne, che cosa rimane? Quando le voci cessano, i fuochi calano, le mille luci cedono al buio, che cosa rimane? Cosa rimane dentro, accovacciato accanto a quel disagio? «Non scappare, per favore, non scappare, rimani in silenzio e prova ad ascoltare», allora pianse. Nel silenzio il cuore cerca se stesso e, cercando, cresce. Si affaccia sulle voragini scavate dalle vertigini scalate, si riguarda e nel silenzio ascolta ciò che di più intimo e nascosto ancora conserva, nonostante tutto, nonostante tutti. Un silenzioso udire che ci riporta all’essenziale di ciò che solo è vero. Allora, solo allora, quando tutto tace, rimane ciò che veramente conta e, nell’apparente fine di tutto ciò che piace, rinasce un dialogo nel quale l’uomo si rigenera.