Don Chisciotte e i suoi fantasmi

Un saggio che riflette sul romanzo più noto di Cervantes, soprattutto in alcuni aspetti originali e «sovversivi». Tra essi, la questione dell’autore: il libro è traduzione, fatta da un morisco, dell’opera di uno storico arabo, Cide Hamete. Da notare che anche la minoranza morisca è all’origine della nazione spagnola: Manguel indaga questo fatto, mettendo in luce elementi interessanti e suggestivi.
Chiaramente, l’aspetto che più appartiene all’autore è quello letterario e il suo ruolo sociale: la letteratura mostra come la finzione vera può servire a qualcosa di diverso dall’ambizione dei potenti. Questo è testimoniato dal Don Chisciotte, che mostra il potere inventivo della narrazione, introducendo «verità sociali e storiche in grado di conferire realtà al mondo mediante le parole». «A un tempo privo di profondità, don Chisciotte oppone il tempo dell’azione morale, in cui gli atti hanno conseguenze buone o cattive»: è la coscienza che crea questo tempo, un tempo narrato che apre orizzonti inaspettati. Il romanzo mostra quanto sia potente la mente, capace di produrre sentimenti di ogni genere: «se essa è in grado di creare l’inferno, allora può anche creare il paradiso [...] nel quale trionfi la giustizia e il bene».
E pensare che gli “autori” del don Chisciotte (il traduttore e Cide Hamete), al tempo di Cervantes sarebbero stati in esilio: ma «una cultura esclusa non può essere facilmente messa a tacere», al contrario, «nel corso della storia ogni assenza ha il peso e la forza di una presenza».
