Due calci a un pallone
Sta per finire un’altra giornata nel villaggio di Nanoro, in Burkina Faso. La luce si sta scaldando e le ombre si allungano. Nello spiazzo dove la mattina brulica il mercato, non ci sono più le bancarelle. Le donne con le loro ceste di cotone sono ritornate nei recinti delle capanne, a quest’ora stanno ammucchiando lo sterco degli animali per accendere il fuoco e cucinare la cena. Anche gli uomini hanno preso la strada di casa, dopo una giornata di duro lavoro nei campi. Ad attenderli ci saranno i figli più piccoli, pronti ad abbracciare il babbo e a coccolarlo. I più grandicelli rientrano quando è già buio: la quotidiana partita di calcio nella piazza del mercato è l’avvenimento di ogni fine giornata.
Nel gruppetto dei calciatori del Nanoro Team c’è un ragazzino con problemi motori, non credo ci sia spazio per lui in questo derby del villaggio, dove tutti giocano contro tutti. Ha lo sguardo simpatico e apparentemente è molto volenteroso. A lui è affidato il compito di segnare le porte con le pietre lasciate nelle piazzole del mercato dagli ambulanti del mattino. Fa fatica a trasportarle nel punto giusto e a posarle sul terreno. Ma non demorde. Conta i passi per allineare i pali, poi sovrappone le pietre. Il terreno da gioco è pronto. La partita sta per iniziare. Le due formazioni si contraddistinguono dalle logore magliette colorate per una squadra, e dal «torso nudo» per l’altra. Nessuno indossa scarpe. Nonostante sia un’amichevole che degenera sempre a cazzotti e sputi, c’è una sana rivalità tra questi ragazzi. Alla fine tutti si abbracciano in modo fraterno.
Cerco di fare qualche fotografia, ma soprattutto cerco di fare il tifo per tutti i giocatori in campo. Quando viene segnato un goal, da entrambe le parti, esulto abbracciando il ragazzino che non è entrato in campo a causa dei suoi problemi di deambulazione. Dice di chiamarsi Babu e di essere il primo della classe: è dolcissimo nel suo modo di fare. Ha gli occhi vispi e la faccia sporca di terra. Dal naso gli colano in continuazione due rigagnoli di muco denso: come fanno spesso anche i nostri bambini, se lo «tira su» aspirando energicamente dalle narici. A volte, invece, se lo spalma con l’avambraccio sulle guance.
Le squadre sono sulla parità: 8 a 8. Il centravanti dei «a torso nudo» prova a dribblare due avversari e a scagliare il pallone verso la porta con una traiettoria troppo alta. «Noooo…»: si sente un boato tra gli altri ragazzi, quando il pallone finisce tra le fronde di un albero a bordo campo. Ci sono attimi di silenzio quando si cerca di capire dove sia finita la palla. Ma oramai è quasi buio, è impossibile recuperarla per continuare il gioco. Inevitabilmente la partita viene sospesa sulla parità. È un buon risultato per entrambe le squadre: nessuno ne esce vincitore, ma neppure sconfitto. Nonostante il calcio non sia una mia passione, devo ammettere che è uno sport di squadra che unisce la gente: a volte due calci a un pallone valgono più di mille parole.
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