È Natale, per tutti!
«Ecco, sto alla porta e busso». Così si conclude la prima parte del libro dell’Apocalisse (3,20), laddove figurano le sette lettere che Giovanni scrive alle comunità di Efeso, Smirne, Pergamo, Tiatira, Sardi, Filadelfia e Laodicea. Questa bella citazione del Cristo che bussa è tratta proprio dall’ultima lettera, quella scritta alla comunità di Laodicea, che noi sentiamo così vicina, perché raccoglie il sapore del mese di dicembre. Mese di forte attesa di un amico che vuole sedersi a mensa con noi, perché ci ama. Anche la nostra diocesi di Campobasso-Bojano sta rileggendo in questo periodo il misterioso e luminoso libro dell’Apocalisse. Lo facciamo nei Cenacoli del Vangelo, attorno a un tavolo di cucina, in semplicità e grazia. L’intuizione dei Cenacoli del Vangelo è di un grande beato, padre Pino Puglisi, che della lettura costante nelle case della Bibbia aveva fatto un suo punto generativo di speranza, in terra di mafia. Ne compresi subito la profezia, insita già nel nome: non «gruppi del Vangelo», come di solito si usava, ma «Cenacoli del Vangelo», perché convocati da Maria e stretti attorno al fuoco dello Spirito Santo. Non una nostra iniziativa, dunque, ma una risposta generosa e intelligente all’azione del Signore.
Ed eccoci allora anche noi, in diocesi, convocati nelle case, per trarre dall’Apocalisse uno «svelamento del nostro tempo». Apocalisse, infatti, vuol dire «rivelazione» e ci trasmette tre verbi, decisivi nel cammino della vita: velare, svelare, rivelare. C’è, nella storia di ciascuno di noi, un momento in cui fai fatica a capire. Tutto sembra buio e chiuso. La finestra è serrata e non si scorge speranza. Ma lentamente quella finestra si apre per far passare un filo di luce, quanto basta per svelare, nella gioia del mattino, gli spazi del nuovo giorno. E nella certezza della fede, quella luce iniziale cresce e diventa «meriggio», cioè pienezza di luce. Fede certa e sicura, ben poggiata sulla roccia. I tempi di Dio sono così delineati: notte, mattino, meriggio. Come i tempi della liturgia: avvento che svela nell’attesa; passione che chiude nel dolore; meriggio di risurrezione, che supera ogni ostacolo! Ebbene, nei nostri Cenacoli risuonano, ora, in tempo di Avvento, le sette Lettere di Giovanni. Autentiche Lettere sinodali, precise e chiare, redatte secondo uno schema che ci esorta a leggere le luci e le ombre del nostro tempo.
Ogni Chiesa è chiamata per nome da un Cristo Gesù che si presenta con caratteristiche sempre nuove, con titoli molto belli. Tra tutti, permettetemi di raccogliere il più luminoso, «stella radiosa del mattino», un’espressione che mi ha subito colpito, tanto da farne il titolo del sussidio redatto per i Cenacoli. Ma nell’Apocalisse, la Lettera che sempre mi fa fremere è l’ultima, quella rivolta alla chiesa di Laodicea, una chiesa comoda, tiepida, che mancava di entusiasmo e di passione. Come tante nostre comunità ecclesiali attuali, che si sentono a posto, che mancano di motivazioni e diventano superbe e stanche. Proprio a questa chiesa Giovanni rivolge quell’invito meraviglioso, che si fa ora luce nell’Avvento per noi: «Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me!». Il Natale è vicino! Sempre bussa il Signore alla nostra porta. Nella gioia dell’amore e nel mistero del dolore. Nella fraternità e nella solitudine. Tra pastori umili e nell’oro dei Magi. Nella stella del cielo e nell’abbraccio di Maria e Giuseppe. Sempre. Vuole solo che gli apriamo la porta, con fiducia e grazia, ed egli si siederà con noi in fraternità e convivialità. Lacrime asciugate. Motivazioni ritrovate, inni di esultanza. È Natale, per tutti!
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