Elisa Salerno. Nata troppo presto
«Domando scusa a Elisa Salerno da parte della Chiesa». È il 2002 quando il vescovo di Vicenza, Pietro Nonis, ispirato dalla Lettera alle donne (29 giugno 1995) di papa Giovanni Paolo II, riabilita completamente la figura della giornalista e scrittrice, nata a Vicenza nel 1873. Figlia di Antonio Salerno e Giulia Menegazzi, Elisa si spese tutta la vita per quella che lei definì la «causa santa della donna», alienandosi le simpatie della Curia, per quel suo non usare mezze misure. Per motivi di salute, non poté frequentare la scuola, studiò quindi da autodidatta, e formò il suo pensiero frequentando l’associazionismo religioso femminile e la Società cattolica di mutuo soccorso di Sant’Anna.
«Far del femminismo a Vicenza è lo stesso come voler a forza di unghie scavar terra e terra onde trovare una vena d’acqua per dissetarsi». Così scriveva Salerno, il 5 maggio 1906, su «Il Vessillo Bianco», giornale dei cattolici progressisti vicentini. «Con l’industrializzazione le donne erano entrate nelle fabbriche, ma non avevano alcun diritto. Elisa comincia a interessarsi di questioni di carattere sociale, economico, politico, come la cassa maternità, l’orario ridotto, l’età di ingresso nel mondo del lavoro – spiega Annalisa Lombardo, membro del Comitato scientifico del Fondo archivistico “Elisa Salerno” –. Lo fa, prima collaborando con i giornali cattolici locali. Oltre a “Il Vessillo Bianco”, “Il Berico” (di idee conservatrici) e poi fondando, nel 1909, un proprio giornale, “La Donna e il Lavoro. Giornale delle classi lavoratrici femminili”».
Ma, per il clero vicentino, un giornale femminista, anche se cattolico, era troppo ambizioso, così divenne bersaglio sistematico del controllo e della censura ecclesiastica. «Dopo alcuni ammonimenti, nel 1919 venne allontanata dai sacramenti ma, anche se poi riammessa, il suo giornale non fu più considerato stampa cattolica. L’anno precedente aveva anche provato a cambiare la testata in “Problemi femminili. Periodico nazionale delle operaie, impiegate, professioniste”, ma ormai il destino era segnato. Nel 1927 i suoi scritti vennero definiti proibiti e quindi messi all’indice. In realtà, il giornale si occupava pochissimo di teologia e non si poneva apertamente contro la Chiesa. Tuttavia, poiché Elisa non ne era solo direttrice, ma anche editrice e promoter, vi allegava dei pamphlet, quelli sì tutti contro la Chiesa e le sue idee misogine. Sono questi che, da un lato, fecero scattare i provvedimenti curiali e, dall’altro, provocarono l’imbarazzo della censura fascista. A questo punto, lei getta la spugna. Anche per ragioni economiche, il suo giornale non uscirà più. Non si era rivelata un’impresa economicamente di successo, e infatti la Salerno muore in povertà il 15 febbraio 1957, a 84 anni».
«Il punto di riferimento delle sue battaglie è sempre il messaggio cristiano – spiega Donatella Mottin, direttrice del Centro documentazione e studi dell’associazione “Presenza Donna” –. Si batte per il voto alle donne, contro la prostituzione, contro la doppia moralità della Chiesa che considerava svergognate le prostitute, ma tollerava le case chiuse. Nello specifico, su questo, nel 1937, sotto lo pseudonimo Maria Pasini, pubblicherà il romanzo Le tradite. Ma questi temi, rivoluzionari, ai quali lei rimarrà fedele tutta la vita, nascono ai primi del Novecento, appartengono alla corrente modernista. Lei non dichiara di aderirvi – tra l’altro, stiamo ancora studiando questo periodo della sua vita –, ma è evidente che le sue simpatie vanno in quella direzione, e per questo cominciano i suoi dissapori con la Chiesa.
Non dimentichiamo che, nel 1907, l’enciclica Pascendi Dominici Grecis di Pio X condanna il movimento modernista. Elisa è ferma nelle sue posizioni: «Sono disposta a dire tutto quello che mi chiede l’autorità ecclesiastica, ma non quello che c’è di antifemminista», che lei considerava contrario agli insegnamenti di Gesù. Dopo la sua morte, su di lei cala il silenzio fino al 1996, quando le suore Orsoline, destinatarie del suo patrimonio, fondano l’associazione “Presenza Donna”, che ha dato vita al fondo archivistico Salerno: 450 libri della sua biblioteca, varie copie delle sue opere edite, otto inediti, minute, appunti, scritti spirituali, documenti e ritagli di giornale, mille lettere e tutte le copie dei suoi giornali, pubblicati dal 1909 al 1927».
Nel 2023 si sono celebrati i centocinquant’anni dalla nascita di Elisa Salerno, con incontri e approfondimenti, e la traslazione della salma nel famedio del cimitero monumentale di Vicenza, dove riposano i vicentini illustri. L’anniversario intendeva diffondere l’operato di questa figura. Ma a chi poteva interessare una cattolica femminista dei primi del Novecento? Detta così, sa un po’ di polveroso. È nata in questo modo l’idea di una graphic novel, dal titolo Elisa Salerno. Femminista? Sì. Cattolica? Anche!, di cui è autore Enrico Zarpellon e illustratrice Alice Walczer Baldinazzo, edizioni Becco Giallo.
«Mi sono ritrovato a scrivere la mia prima sceneggiatura – dice Enrico –. Conoscevo già Elisa Salerno, ma bisognava utilizzare un linguaggio nuovo, anche per intercettare i giovani, perché è sì una storia di cent’anni fa, ma è appassionante. Bisognava solo renderla accattivante. Il fumetto mi ha posto due sfide. Innanzitutto, Salerno è una donna di parole, mentre il fumetto necessita di eventi, di personaggi che interagiscono, di dinamicità. Perciò abbiamo dovuto tradurre le sue lettere in dialoghi. Ma non è stato poi così difficile perché le sue parole vibrano, incendiano. L’altro nodo è che sicuramente la sua è una vita molto avventurosa, ma lo è nel pensiero. Perché lei rimane tutta la vita a Vicenza. Infatti la città berica è molto presente nel fumetto. E qui l’illustratrice si è sbizzarrita, usando un colore diverso per ogni capitolo, ma il bianco e nero quando viene raccontato il lungo periodo della censura. Importante è stata anche la costante collaborazione con l’editore, che ci ha accompagnato per tutta la scrittura. Il volume è stato inserito nella collana Biografie. Ed era proprio quello che volevamo. Adesso Elisa sta in un parterre di nomi autorevoli».
Il successo è stato notevole, tanto che Enrico e Alice hanno già fatto parecchie presentazioni. «Ci è piaciuto in particolare, a inizio febbraio, quando siamo stati invitati alla Libreria delle donne di Milano. La nostra cattolicissima Elisa Salerno apprezzata in un luogo storico del femminismo italiano». Nella copertina della graphic novel Elisa ha il volto semicelato da un fiore. «Quando abbiamo iniziato, sapevamo che non era conosciuta; oggi speriamo lo sia un po’ di più – conclude Enrico Zarpellon –. Perciò, anche se avessimo utilizzato una foto con il viso in primo piano, sarebbe stato comunque poco iconico. Allora abbiamo preferito realizzare un ritratto e aggiungervi un fiore, che simboleggia il suo impegno per i diritti delle donne. Poi, cominci a girare le pagine e, piano piano, si svelano la vita, la storia, le battaglie di una donna che diceva: “Sono nata troppo presto”».
Prova la versione digitale del «Messaggero di sant'Antonio»!