23 Ottobre 2017

Famiglia? Se non lavori non puoi, se lavori non riesci

Il desiderio di una madre e di un padre che, in un certo periodo di vita, vuole stare un po’ di più con i figli o continuare a coltivare la sua storia di amore, è incompatibile con il lavoro?
scrivania da lavoro con un disegno della famiglia

©PictRider/Fotolia

Un giovane uomo e una giovane donna lavorano entrambi in un ipermercato di un centro commerciale, si conoscono, s’innamorano e poi decidono di sposarsi coronando il loro sogno. Dopo qualche anno uno dei due viene spostato in un altro supermercato della stessa catena e poco dopo arriva il primo figlio. In breve, anche una bimba rallegra la famiglia.Qui comincia l’ordinaria follia di questa coppia che per non delegare completamente la crescita dei figli ai nonni deve farsi fare i turni in modo da essere almeno uno dei due a casa quando ci sono i bambini. Domeniche, festività, Natale, Pasqua sono normali giorni lavorativi e l’orario di chiusura è alle 21.00.

Questa organizzazione piano piano comincia a logorare il loro amore, passano pochissimo tempo assieme e cominciano a domandarsi che senso abbia essere sposati con una persona che vedi di sfuggita, che gusto può avere un matrimonio in cui ci si comunica le cose da fare per messaggio perché ci sono intere settimane che non ci si riesce a parlare di persona o si è troppo sfiniti per farlo.Se ancora qualcuno pensa che questo sia un caso limite, ebbene non lo è. Quest’estate sono stato nel convento dei frati minori conventuali di Como, una bella cittadina di circa 85 mila abitanti e girando ho visto almeno 3 supermercati aperti h24. Questo sarà il nuovo trend della grande distribuzione, regalarti la possibilità di andarti a prendere una scatoletta di tonno alle tre di notte. Che grande e indispensabile servizio! Ma ai padri e alle madri che lavorano lì, alle loro famiglie e alla loro coppia, chi ci pensa, chi se ne prende cura? A livello sociale passiamo da un iniziale «Trovati un lavoro così puoi metter su famiglia!» al successivo, un paio di figli dopo, «Se non cambi lavoro rischi di far saltare la tua famiglia».

Il rebus riguardante l’equilibrio tra tempi di lavoro e tempi di famiglia è un enigma ancora tutto da sciogliere e non solo per chi lavora a turni. Escludendo tutti coloro che avrebbero la possibilità di scegliere di lavorare di meno per occuparsi maggiormente della famiglia (più facile occuparsi di una azienda che della coppia o di bambini), resta una folta squadra di persone che vorrebbero stare di più con i loro figli ma non possono, vorrebbero avere più tempo per i loro mariti o le loro mogli ma gli è precluso. Sappiamo bene che il mondo del lavoro non è costruito per la famiglia, che lo scopo di una azienda è il profitto e non il benessere dei suoi dipendenti, e forse non serve neppure mettere in discussione questo.

La vera questione è: il desiderio di una madre e di un padre che, in un certo periodo di vita, vuole stare un po’ di più con i suoi figli o continuare a coltivare la sua storia di amore, è incompatibile con l’aumento di fatturato aziendale? Dipendenti più felici e realizzati nelle loro famiglie producono di più o di meno di dipendenti frustrati con situazioni complesse e difficili a casa?

Politiche aziendali di conciliazione famiglia-lavoro possono essere un’opportunità non solo per il singolo dipendente che può godere dell’affetto e del tepore della sua famiglia, non solo per la società che poi non si ritrova a rattoppare i cocci di famiglie sfaldate (ne sanno qualcosa le insegnanti e i centri di neuropsichiatria infantile, i quali si ritrovano sempre più bambini problematici), ma anche per l’azienda che si può ritrovare operai, impiegati e dirigenti più presenti a loro stessi, più motivati, più produttivi.

Sappiamo bene che gli strumenti per realizzare tutto ciò nelle aziende esistono già ed è solo un retaggio culturale del proprietario «padre e padrone» che impedisce di attuarli: flessibilità di orario in entrata e in uscita, flessibilità dell’orario di pausa pranzo, banca delle ore, flessibilità di rientro dal congedo parentale, possibilità di far mangiare la propria famiglia in mensa aziendale, piano ferie con priorità a chi ha esigenze familiari (bimbi piccoli o genitori invalidi), possibilità di lavorare con il telelavoro da casa, fino alla costituzione di un vero e proprio welfare aziendale a favore delle famiglie.È necessario diffondere una cultura lavorativa capace di sviluppare una politica del lavoro amica delle famiglie, ed è ormai tempo, per tutti noi, di combattere questa buona battaglia.

 

Edoardo Vian, referente dell’Oasi Famiglia

Data di aggiornamento: 23 Ottobre 2017
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