Futura è un’edicola
Non so come raccontarla questa storia delle edicole. La mia generazione, appartengo ai boomers, nati negli anni ’50, ha un’idea di città e di comunità che crede ancora, nei tempi dei giornali online e del digitale, che un’edicola sia «necessaria». Un luogo famigliare, il caleidoscopio di copertine e i titoli a grandi caratteri, un luogo che non è solo vendita di giornali o figurine, ma vicinato, chiacchiere, confidenze, amicizie di rione e di piazza, gentilezza della vita quotidiana. Ma poi devo raccontare della loro crisi. L’ultima volta che ne ho scritto, proprio su queste pagine (pagine? Questo è il sito web di una rivista cartacea), quattro anni fa, erano 14mila. Oggi ve ne sono poco meno di 12mila. Un quarto dei comuni italiani non ha un’edicola. In altri duemila e cinquecento comuni ve ne è solo una. A Firenze, nel 2015 si contavano 161 edicole. Nel 2022 sono 122. Ma, secondo il sindacato fiorentino dei giornalai, le «vere edicole» (non i bar con licenza di edicolante) non sono più di novanta. Quel che appare più grave è che lo scorso anno è stata richiesta solo una nuova licenza, contro le dieci del 2019. Perché stupirsi? Nell’era del web, si vendono, anno 2022, poco più di un milione e trecentomila giornali. Nel 2018 se ne vendevano oltre due milioni. Dimezzati, o poco meno, in quattro anni. A Padova perfino i chioschi della piazza della Basilica del Santo e di Prato della Valle hanno tirato giù le serrande.
Poi devo contraddirmi. Metto in gioco le mie speranze testarde. Raccolgo una piccola rassegna stampa. I giovani edicolanti aprono o riaprono i chioschi e fanno notizia. C’è Davide, 21 anni: a Rubano, cittadina della provincia padovana, ha rilevato un’edicola storica del paese e ha progetti da vecchio edicolante attento alla sua comunità e alla propria economia: aprire nel pomeriggio e la domenica mattina, essere deposito di pacchi Amazon e fare consulenze informatiche. «I giornali non scompariranno – spiega – ma dobbiamo offrire qualcosa in più». A Davide questo mestiere piace: «Mi permette di vivere in mezzo alla gente». Poi c’è Lorenzo, 30 anni, scrittore di noir sardo: ha provato a metter su una libreria di polizieschi a Cagliari. Non è andata bene e allora: trasferimento a Milano, dove si imbatte in un chiosco di giornali in vendita. Adesso Lorenzo è uno scrittore-edicolante. Dice ai numerosi giornalisti incuriositi dalla sua storia: «Ogni giorno scopro che c’è molta gente che si appassiona alla lettura».
Posso aggiungere una statistica: oltre duemila edicole sono diventate «punto ritiro» di pacchi. E così accade che se è vero che un quarto di coloro che si presentano a prendersi il loro pacco non si erano mai soffermati davanti a un’edicola, un terzo di loro, incuriosito, si guarda attorno e compra un «prodotto editoriale» di almeno cinque euro. Non chiedetemi come fanno a fare queste statistiche. Alla fine, io conosco Michela, 28 anni, materana, una laurea in lingue e letterature straniere a Pisa. Nella città toscana lavorava in un ufficio marketing. Con la pandemia, è tornata a casa. Poteva lavorare da remoto. C’è un chiosco celebre nella città dei Sassi. Sta in piazza Vittorio Veneto, grande piazza del centro storico. Il vecchio proprietario dopo oltre trent’anni vuole godersi la pensione. Nessuno sembra interessato all’edicola, il suo destino è segnato. Michela mi racconta: «Non era il mestiere che volevo fare, ma non sopportavo l’idea che quel chiosco venisse smantellato». E aggiunge: «I materani ci tengono assai all’edicola della piazza». «La mia famiglia conosceva l’edicolante e sono venuta a provare». Michela doveva rimane un giorno, ne è rimasta dieci.
Così, a metà autunno di due anni fa, questa giovane donna è diventata edicolante. «Ci sono i bambini che giocano qua attorno, i vecchi che si fermano a leggere i titoli dei giornali, la gente che chiacchiera, ci sono i turisti, le mamme, c’è chi compra il giornale ogni giorno e io glielo faccio trovare già pronto. Insomma, c’è il paese». E se in estate, il lunedì pomeriggio, Michela vuole andare al mare, ci va. L’edicola ha ripreso vita. Da quando vivo a Matera, ho visto chiudere tre edicole del centro, ma Michela non è sola: nella piazza della stazione, un altro ragazzo ha preso il posto del padre nella rivendita di famiglia. E Franco, nel corso, tiene ben aperta, con successo, la sua edicola del corso. Ah, dimenticavo: l’edicola di Michela si chiama Futura.
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