Sentire il mondo
Viviamo in un’epoca in cui «la fiamma vitale è bassa», come scriveva un importante storico di inizio secolo. Il desiderio si spegne, rincorriamo cose che, quando possedute, ci lasciano insoddisfatti, niente si accende veramente. È come se tra noi e la vita ci fosse uno schermo, abituati come siamo a vivere relazioni mediate dai dispositivi. Preoccupano i giovani, il pallore esistenziale di tanti, il loro ritiro dalla vita, l’apatia. O la violenza cui si ricorre per «sentire qualcosa».
È tempo, come scriveva la poetessa e filosofa Maria Zambrano, di «riconquistare il sentire originario delle cose». Impariamo dai poeti. Da Rilke che scriveva «A me piace sentire le cose cantare». O da Alda Merini, con i suoi versi intensi: «Mi piace la gente che sa ascoltare il vento sulla propria pelle, sentire gli odori delle cose, catturarne l’anima. Quelli che hanno la carne a contatto con la carne del mondo. Perché lì c’è verità, lì c’è dolcezza, lì c’è sensibilità, lì c’è ancora amore».
Abbiamo lasciato che un atteggiamento utilitaristico, strumentale, astratto (cioè distaccato, separato dal mondo) plasmasse il nostro rapporto con la realtà. Impariamo ed educhiamo invece a una conoscenza per prossimità e coinvolgimento, alla cura come via di rapporto sollecito e intenso con ciò che ci circonda, alla partecipazione attiva come via per riscoprire il gusto di vivere: «Sentire, quando si posa la propria pietra, che si sta contribuendo alla costruzione del mondo» (Antoine de Saint-Exupéry).
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