Il mondo nero di Daniel Ortega
Che cosa accade nella testa di chi, dopo anni e anni di lotte e sacrifici immensi, vince una sfida ritenuta impossibile? Cosa accade nella testa di un vecchio leader guerrigliero che fu capace di resistere ad anni di galera e poi si ritrova a guidare il suo piccolo Paese? Cosa è accaduto nella testa di Daniel Ortega, 78 anni, e di sua moglie, Rosario Murillo, 72 anni, clan dinastico al governo del Nicaragua, stato centroamericano? Nel 1979 appartenevano a un movimento rivoluzionario che abbatté una tirannia quarantennale. Oggi loro stessi sono longevi dittatori, il loro potere è già durato più a lungo di quello della famiglia Somoza che li aveva preceduti.
Gli Ortega considerano la chiesa uno dei loro avversari. In questo 2023 i giudici nicaraguensi hanno condannato a 26 anni di carcere il vescovo di Matagalpa, Rolando Álvarez, che, a febbraio scorso, rifiutò l’esilio e rimase nel Paese. Altri dodici sacerdoti sono nelle prigioni di Ortega. Le suore di Madre Teresa sono state espulse dal Paese (e hanno attraversato a piedi il confine con il Costa Rica). Sono state messe a tacere le radio cattoliche. Cacciata anche la Croce Rossa Internazionale.
E, in agosto, è stata ordinata la chiusura anche dell’Uca, l’Università Centroamericana, creata nel 1960 dai gesuiti, la prima università privata del Centroamerica. Dove lo stesso Ortega e tre dei suoi figli hanno studiato. L’Uca era rimasta la sola e tenace voce di opposizione alla dittatura. E per questo accusata di «terrorismo». Il Crocifisso è stato rimosso dalla cappella dell’Università: era diventato un simbolo di ribellione. Alla Compagnia di Gesù è stata tolta personalità giuridica. Altre ventisette università sono state chiuse, come oltre tremila organizzazioni non governative. Durissimi gli scambi di parole tra papa Francesco (riferito a Ortega ha detto: «Pur col dovuto rispetto, non mi resta che pensare a uno squilibrio della persona») e Daniel Ortega («Vescovi, sacerdoti e papi sono tutta una mafia»). Relazioni diplomatiche sospese tra Managua e il Vaticano.
Nel 2018, durante le proteste contro Ortega, vennero uccisi almeno 350 studenti. Quasi il 10% della popolazione, 605mila persone, ha abbandonato il Paese. Quanto agli oppositori, 222 di loro furono liberati a febbraio e immediatamente vennero fatti salire su un aereo, espulsi dal Paese e privati della nazionalità, oltre che di tutte le proprietà. Il governo si è impossessato della casa (dei libri…) della scrittrice e poeta Gioconda Belli, di suo figlio Camilo (Gioconda gli dette questo nome in ricordo del fratello dello stesso Ortega, caduto in combattimento durante la rivoluzione) e di sua moglie Leonor Zúriga. Privato di ogni bene (persino della pensione) un altro vecchio guerrigliero, Moisés Hassan, l’attivista per i diritti umani, Gonzalo Carrión e l’ex-cancelliere Norman Caldera. Lo scorso anno morì in carcere Hugo Torres, comandante guerrigliero: era stato alla guida dell’operazione che, nel 1974, aveva costretto il regime a liberare dal carcere lo stesso Ortega.
«La poesia mi abbraccia questo pomeriggio nel momento in cui si consuma il furto della mia casa da parte della dittatura» sono state le prime parole pubbliche di Gioconda Belli. Svuotata di ogni bene anche la fondazione creata dallo scrittore Sergio Ramírez, premio Cervantes nel 2017, la più alta onorificenza per la letteratura in lingua spagnola. Anch’egli in esilio.
Questa è la nuvola nera che oggi avvolge il Nicaragua. Ortega ha schierato il Paese a fianco della Russia nella guerra in Ucraina: è tra i quattro Paesi che hanno votato contro la risoluzione di condanna dell’Onu contro le annessioni dei territori ucraini (gli altri tre Paesi sono la Bielorussia, la Corea del Nord e la Siria) ed è il solo Paese che, durante l’incontro di questa estate tra Paesi europei e latinoamericani, si è rifiutato di firmare una semplice dichiarazione di preoccupazione per la guerra.
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