I profumi della Bibbia
Forse non tutti lo sanno, ma la Bibbia può anche essere considerata una ricca «officina di aromi», poiché attraverso le sue pagine è possibile incamminarsi lungo un percorso «storico-olfattivo» che porta a riscoprire i più antichi profumi naturali. Le Scritture, infatti, rappresentano un’interessante testimonianza dell’uso «sacro» di alcune fragranze che venivano normalmente utilizzate per l’igiene personale o la quotidiana cura estetica. Tale uso è ben definito, per esempio, nel Libro dell’Esodo, laddove si narra del giorno in cui il Signore aveva ordinato di costruire un grande altare di essenze, spiegando anche quali ingredienti fosse lecito adoperare: «Il Signore disse a Mosè: “Procurati balsami: storace, ònice, gàlbano e incenso puro: il tutto in parti uguali. Farai con essi un profumo da bruciare, una composizione aromatica secondo l’arte del profumiere, salata, pura e santa. Ne pesterai un poco riducendola in polvere minuta e ne metterai davanti alla Testimonianza, nella tenda del convegno, dove io ti darò convegno. Cosa santissima sarà da voi ritenuta”» (Es 30,34-36).
Nel servizio presso il Tempio di Gerusalemme, l’offerta dei profumi avveniva tramite il Sommo Sacerdote, il quale bruciava l’incenso, la cui asprezza veniva addolcita da altre polveri aromatiche. «I sacerdoti leviti, che non a caso erano al tempo stesso medici e aromaterapeuti, sono stati i primi a dedicarsi a questa forma di “arte profumiera” – spiega Elena Amato, esperta in profumi e ricerca spirituale –. Difatti, sono stati riportati alla luce mortai per frantumare radici o anfore e fiale in alabastro per contenere acque profumate, oggi custodite nei musei di Haifa e Gerusalemme».
Per avvicinarsi a Dio
Considerato un segno di riconoscenza al Dio vivente, il franchincenso (dal termine «franco», cioè vero) era la resina più diffusa in antichità, derivata dal tronco della Boswellia, un arbusto tipico dei deserti. La sua storia ne fa risalire i primi usi al Medioriente, dove veniva associato a oro e mirra, omaggi divini rivolti a Gesù dai tre Magi: «Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da Oriente a Gerusalemme. […] Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra» (Mt 2,1; 2,11).
«Gli Ebrei aspergevano il defunto con acqua profumata, incenso e oli aromatici – continua Elena Amato –, mentre la fumigazione dell’incenso veniva fatta soprattutto per disinfettare gli ambienti». L’incenso è un aroma che, secondo la tradizione, avvicina l’anima a Dio, soprattutto se utilizzato durante la preghiera e il raccoglimento. Ma l’«accoppiata» aromatica migliore si ha quando esso viene associato alla mirra, alla quale sono attribuite proprietà di purificazione. «Il termine mirra ci fa ritrovare le sue origini nel termine semitico m-r-r che significa amaro, per via del sapore che rilasciava in bocca», prosegue Amato. Non a caso, ancora oggi la mirra viene distillata così da estrarre da essa un olio essenziale di colore giallo-arancione con forti note speziate e balsamiche, che si dice metta in comunicazione il mondo spirituale con quello materiale. «Come tutti i legni, anche la mirra, secondo la tradizione, avrebbe il potere di riportarci alle nostre radici, aiutandoci a vincere la paura della morte e il dolore della separazione» sottolinea l’esperta.
Simbolo d’amore e risurrezione
«Al pari degli Egizi, anche gli Ebrei estraevano il succo di piante aromatiche, facendolo stillare in un vaso, ma amavano molto anche gli unguenti di nardo, detti puk, che utilizzavano per profumare i vestiti», spiega ancora Elena Amato. Simbolo biblico di amore fedele, il nardo o verbena delle Indie era un olio d’altissima qualità e, ai tempi di Gesù, un solo vasetto costava più di trecento denari, quasi quanto lo stipendio annuale di un salariato. Lo si evince dal passo del Vangelo in cui viene riportato lo sprezzante giudizio di Giuda dinanzi a Maria (che la tradizione identifica con la Maddalena), la quale ne utilizza un intero vasetto per ungere i piedi di Gesù: «Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Làzzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Làzzaro era uno dei commensali. Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo. Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: “Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?”» (Gv 12,1-5).
In realtà, quel vaso di unguento che Maria Maddalena aveva utilizzato per lavare i piedi di Cristo assurge a simbolo di passione e risurrezione e l’unzione di Betania diventa una vera e propria professione di fede nel Figlio di Dio. «Il nardo ha un timbro ambrato e un po’ acre – chiosa Amato – e, proprio per l’episodio biblico in cui viene citato, è oggi conosciuto anche come Nardo della Maddalena, un’essenza preziosa, abbinata spesso a zafferano, mirra e aloe». Anche il Cantico dei Cantici lo nomina, insieme al fiore della vite, alla canna odorosa, al cinnamomo, al giglio e alla melagrana, associando il suo profumo all’amore tra due sposi, perché, come quest’ultimo, è prezioso e capace di allietare la vita: «Mentre il re è sul suo divano, il mio nardo effonde il suo profumo» (Ct 1,12). Infine, il nardo sotto forma di unguento serviva anche per ungere re e defunti, come leggiamo nel vangelo di Matteo (Mt 26,12): «Versando questo profumo sul mio corpo, lei lo ha fatto in vista della mia sepoltura».
Aromi sublimi da commerciare
Nella Bibbia troviamo la descrizione anche di altre resine odorose, come il bdellio e l’onichia, provenienti dall’Asia. La forma di gocce sferoidali, che ricorda tante piccole perle lucenti, è valsa loro un’aura di rara preziosità. Queste fragranti materie aromatiche appaiono anche tra gli ingredienti dei profumi posti nei bracieri, i cosiddetti timiati, che erano utilizzati da Mosè per il culto. «Già nell’episodio di Giuseppe, figlio di Giacobbe, si trova testimonianza dei commerci di materie aromatiche, tra cui onichia e balsamo, che si svolgevano nella Mezzaluna fertile», informa Elena Amato. Altre resine, come il labdano, provenivano invece dalla Giudea e rappresentavano gli aromi prediletti dalle donne cretesi per via di un profumo che stimolava la sensibilità della pelle. «E, infatti, esporsi all’aroma di labdano significava essere colpiti da immagini e ricordi nascosti, tanto da essere considerato un ottimo corroborante per la forza dell’immaginazione», conclude la nostra esperta. C’è da scommettere che anche nel giardino dell’Eden, accanto al famoso «albero del bene e del male», ci sia stato un tripudio di profumi che proveniva dalla ricchezza naturale: fico, grano, lino, cotone, cedro e giglio… Piante bellissime e profumate, ingredienti che Dio ha pensato di offrire al genere umano come dono d’amore.
Prova la versione digitale del «Messaggero di sant'Antonio»!