Il profumo delle foglie
Nel mese di novembre tutto sembra cercare rifugio. La natura ce lo conferma, come avvolta in una melodia fatta di colori straordinari, come sono in questo periodo i tramonti, così limpidi, o le mele appena raccolte. Tutto richiede calma. In particolare, il profumo delle foglie, irrorate dalla pioggia d’autunno, ci fa cogliere la bellezza inconfondibile dell’operosità di quanti ora si adoperano a seminare le belle colline del Molise, quasi ricamate da trattori infaticabili. Ed è una commozione sempre nuova e sempre forte riscoprire la terra come grembo, come madre che accoglie e custodisce i semi della vita, piantati con cura. Leggiamo, infatti, nel messaggio per la 73ª Giornata nazionale del Ringraziamento – che celebriamo solennemente il 12 novembre sul tema: «Lo stile cooperativo per lo sviluppo dell’agricoltura» – che il mandato di coltivare la terra coinvolge l’umanità a livello personale, familiare e in ogni forma di collaborazione con gli altri. Sta a significare che tutto ciò che Dio ha creato tende ontologicamente a insegnarci a «prenderci cura», in reciprocità.
Niente sussiste senza la fraternità. Consentitemi allora due ricordi personali. Io sono nato in un paese del Trentino, a Denno, e ho ancora impresso nella memoria quel giorno in cui, in prima elementare, ci è stata regalata la cassettina dove ci abituavano, come bambini saggi, a mettere le monetine per progetti comunitari. Era la Cassa Rurale che aveva lanciato l’iniziativa. Perché quella Cassa è la forza di quei «campanili» che si sono fatti espressione di risposta a bisogni sociali della vallata. Da quel gesto ho compreso che è necessario creare concretamente una «esperienza» di relazioni positive, imparando a lavorare in rete, che è poi ciò che chiamiamo lavoro cooperativistico. Oggi, guardando a tante micro imprese che fanno fatica a reggere il peso di fronte alla macro imprese, mi rendo conto che solo la mens cooperativistica può aiutarle a mantenere viva la qualità, i territori, le loro tipicità, perché la risorsa per farcela sta proprio nella cooperazione. In fondo, la coesione, l’esperienza del «fare insieme», la solidarietà intrecciata, la logica della rete, sono i pilastri di uno sviluppo sostenibile. Il futuro dei processi produttivi deve ripartire da questo!
Il secondo ricordo riguarda invece un serrato dialogo tra mio papà Germano e un grosso commerciante di Genova che voleva acquistare le nostre pregiate mele, a cui assistetti quando ero ancora ragazzo. L’accordo sul prezzo non si trovò e anzi, in tono sdegnoso, quel ricco disse una frase offensiva a mio padre: «Caro Germano, o accetta il mio prezzo oppure le sue mele marciranno tutte in questo magazzino!». Un orrore per mio padre, che si vedeva costretto a lasciar marcire l’intero raccolto. Ma proprio da quell’offesa nacque l’impegno comune tra tutti i produttori del paese a fondare una cooperativa, capace di superare i ricatti tristi dei commercianti; da qui nacque la grande Cooperativa Melinda, che ora può sfidare i commercianti, perché sa difendere i piccoli e i deboli. La cooperazione infatti è il modello dal quale deriva «uno stile d’impresa come “società di persone” e non solo di capitali (cfr. Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 338), democratica e inclusiva, dove tutti hanno pari dignità: favorisce la crescita di tutti i soci e dei membri della comunità in cui opera. Educa a lavorare insieme per realizzare il bene comune e promuove la consapevolezza che ogni persona è dono». Così, quando i soci votano in assemblea a fine anno, il contadino che ha portato mille quintali di mele ha lo stesso voto di chi ne ha portati cento. Perché non sei valutato per quanto fai, ma per quello che sei.
Prova la versione digitale del «Messaggero di sant'Antonio»!