Il Santo in Campania

Teano, Ischia, Afragola e il carcere militare di Santa Maria Capua Vetere: sono le tappe dell’ultima peregrinatio antoniana in Sud Italia. Ad accompagnare le reliquie lo scorso febbraio: fra Egidio Canil e fra Nicola Zuin.
08 Maggio 2019 | di

Dal Veneto alla Campania, dalla pianura padana a quella vesuviana. Che cosa saranno mai 700 chilometri quando c’è di mezzo la devozione a sant’Antonio? Se lo saranno chiesto, lo scorso febbraio, fra Egidio Canil e fra Nicola Zuin, incaricati di portare le reliquie del Santo fino in provincia di Caserta e oltre. Prima tappa di questa dieci giorni in Meridione: Teano, dove – sopra una collinetta a due passi dal centro – sorgono un Santuario e un convento dedicati al Taumaturgo. A dire il vero, in tutta la cittadina si respira aria antoniana. Non c’è da stupirsi, quindi, se l’8 febbraio scorso, quando le reliquie sono giunte nella cattedrale del paese, hanno trovato ad attenderle il vescovo monsignor Giacomo Cirulli, i canonici, sei sindaci con i gonfaloni dei rispettivi comuni, rappresentanti di associazioni e folle di fedeli.

Un’accoglienza davvero solenne per i resti mortali di Antonio, accompagnati in via eccezionale da una reliquia di san Francesco (quest’anno, infatti, ricorrono gli ottocento anni dall’incontro sia di Antonio con i protomartiri – e il suo passaggio all’ordine francescano – sia di Francesco d’Assisi con il sultano Al-Malik Al-Kamel, a Damietta). Il secondo giorno di pellegrinaggio a Teano si è diviso tra la processione per le strade del centro, i vespri e la Messa cantata in cattedrale, presieduta dal vescovo e concelebrata da una ventina di sacerdoti delle parrocchie limitrofe. A venticinque anni esatti dall’ultima peregrinatio antoniana a Teano, l’emozione tra la folla continua di fedeli era palpabile. Aleggiava nelle veglie di preghiera, nelle lodi. Durante le testimonianze dei giovani reduci dalla Giornata mondiale della gioventù, nell’incontro con gli anziani e i malati. Infine, nelle celebrazioni al santuario antoniano.

Dietro le sbarre

Tappa successiva: il carcere militare di Santa Maria Capua Vetere (CE), da dove un cappellano francescano aveva contattato e invitato i frati padovani. Non è certo una novità per le reliquie antoniane che, in passato, hanno fatto visita a diversi penitenziari in Italia e all’estero (Sulmona, Como, ma anche Malta, Manila e Lisbona). «Come insegna l’episodio di Ezzelino da Romano (il Santo viaggiò fino a Verona per affrontare il tiranno e chiedergli la liberazione dei carcerati, ndr) – conferma p. Egidio –, Antonio è noto per il suo rapporto privilegiato con i detenuti e per il suo gravitare intorno alla sofferenza». Alle reliquie e ai loro accompagnatori è bastata qualche ora nel carcere casertano per confermare ancora una volta questa affinità. «Più della metà dei detenuti ha partecipato alla Messa e alla catechesi. E l’ha fatto fianco a fianco con le guardie carcerarie» continua fra Canil. «Hanno cantato assieme, suonato e poi scritto una trentina di lettere a sant’Antonio. È stato davvero commovente incontrare queste persone ferite nell’anima, ex militari che, per un loro errore, hanno dovuto rinunciare alla libertà».

Secondo fra Egidio, la sofferenza maggiore dei detenuti deriva comunque dal dispiacere causato alle rispettive famiglie. Basta leggere qualche lettera indirizzata al «Caro sant’Antonio» per rendersene conto. «Ti chiedo solo di starmi vicino in questo cammino lungo e doloroso – scrive uno di loro –. Sì lo so, tu non sei colui che mi farà uscire, ma voglio solo che mi dai la forza per andare avanti. Confido nel Signore e nell’amore dei miei cari. Dai loro la forza di proseguire. Loro non hanno colpe!». Tra chi chiede di essere perdonato, chi spera in un prodigio e chi accetta il destino con rassegnazione, c’è anche un fedele lettore del «Messaggero di sant’Antonio» in ansia per la nipotina. Non manca tra loro nemmeno uno «scartagonista» (chi, emarginato dagli uomini, trova riscatto presso Dio, ndr), che non si dichiara un vero credente, ma prega con tutto il cuore «di vedere un giorno la luce necessaria per poter trovare conforto nel Signore».

Tra i flutti

Lasciato alle spalle il carcere di Santa Maria Capua Vetere, dopo una breve sosta nel monastero delle clarisse di Santa Croce a Pignataro Maggiore (CE), il viaggio di sant’Antonio in Campania è proseguito a Ischia. Per raggiungere la cattedrale sull’isola, le reliquie si sono imbarcate ben due volte. «Gli abitanti – racconta fra Egidio – desideravano tanto per il busto del loro Santo un ingresso trionfale dal porto principale al porticciolo vicino al castello». Peccato che in quei giorni il mare fosse mosso e la capitaneria di porto avesse negato il permesso. «Un’ora prima della partenza, tuttavia, le onde si sono calmate» e il Taumaturgo è potuto sbarcare tra i flutti, accolto dalle autorità locali, in primis il vescovo.

Dalla cattedrale alla chiesa di sant’Antonio, le reliquie hanno alimentato una lunga processione con fuochi d’artificio e fiumi di fedeli. Nei giorni successivi le visite sono proseguite alle altre parrocchie locali in un crescendo di partecipazione e misticismo. Trascorsi i pochi giorni sull’isola campana, per il Santo non era ancora venuto il momento di rientrare a Padova. Un’ultima tappa mancava, infatti, all’appello: Afragola, a una dozzina di chilometri da Napoli. Soprannominata «la Padova del Sud» per via della profonda devozione antoniana che  vi si respira, la località ha festeggiato l’arrivo del Taumaturgo con celebrazioni, incontri e processioni. Il 17 febbraio il pellegrinaggio campano si è chiuso con una messa solenne presieduta dal ministro generale ofmconv, Marco Tasca. Da qui il rientro in Veneto con un souvenir speciale… «Le quasi mille lettere che i devoti campani, compresi i carcerati di Santa Maria Capua Vetere, hanno scritto a sant’Antonio» conclude fra Egidio. L’ennesima prova che, quando la fede è autentica, tempo e chilometri non sono nemici, ma diventano alleati.


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Data di aggiornamento: 08 Maggio 2019

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