«Quando arriva il bambino il cerchio familiare applaude e grida felice. Il suo sguardo dolce che brilla illumina gli occhi di tutti. E i volti più tristi, forse i più impuri subito si distendono vedendo il bambino che appare innocente e felice». Queste parole di Victor Hugo, riportate nelle ultime pagine del libro, bene si applicano a Teresa di Lisieux e Francesco d’Assisi, che proprio come quel bambino si presentano all’umanità con semplicità, candore, senza umiliare, ma risvegliando nei cuori la nostalgia di Dio.

L’autore del testo (tradotto in italiano da Anna Maria Foli) è un francescano secolare, appassionato di Teresa di Gesù Bambino, che qui propone alcuni tratti di entrambi i santi, rilevando la loro somiglianza spirituale. Un atteggiamento di fondo che essi condividono è la fiducia in Dio, come quella di un bambino che si fida del padre, sperimentando in lui una sicurezza più grande della propria debolezza: investiti dalla misericordia e dall’amore del Signore, scelgono di vivere d’amore. Questo si traduce in atti concreti, anzitutto nel lasciare i loro beni e comodità, ma soprattutto nel rinunciare all’amor proprio: Francesco abbraccia la vita del penitente, facendosi ultimo nella società del suo tempo; Teresa vive ritirata in monastero, testimone di un amore che «non conosce né recinti né frontiere» (non per nulla è patrona delle missioni).

Nel delineare i tratti delle due figure, Blain riporta numerosi esempi e citazioni dalle fonti biografiche e dagli scritti di entrambi, mostrando come il Signore attraverso di loro ha compiuto le sue meraviglie, non perché fossero i più capaci o perfetti, ma perché non ha trovato «fra li peccatori nessuno più vile, né più insufficiente, né più grande peccatore» di Francesco né «un’anima più debole, più piccola» di Teresina.

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