Il «Sublime» secondo Chrispapita

L’artista italo-guatemalteco Christian Escobar espone a Roma tre opere: due dedicate agli arcangeli san Michele e san Gabriele, e una alla Madonna, che evocano l’eterna lotta tra il bene e il male, e il mistero della grazia divina.
13 Dicembre 2025 | di

La luce prende vita sulle tele di Christian Escobar nella penombra silenziosa della chiesa del Santissimo Nome di Maria, al Foro di Traiano, nel cuore di Roma, tingendosi di un’aura divina. Se non è un miracolo, è certamente un mistero. Chrispapita, questo il nome con cui Escobar è universalmente conosciuto, è un giovane artista italo-guatemalteco. Le sue tre gigantesche opere di 2 metri per 1,82: San Michele Arcangelo, San Gabriele Arcangelo e Maria Addolorata, che campeggiano nella chiesa, esplorano l’epica e millenaria lotta tra il bene e il male, e il tema della grazia divina che tutto sovrasta e governa.

A ospitare le opere di Chrispapita nella città eterna è la mostra «Sublime», visitabile fino al 6 gennaio 2026, atteso evento del Giubileo 2025, riconosciuto dal Dicastero per l’Evangelizzazione.

È un viaggio tra fede e contemplazione quello di Chrispapita, che spinge a riflettere sui grandi temi del cristianesimo. Monsignor Andrea Manto, rettore della chiesa e vicario per la Pastorale della salute della diocesi di Roma, ha benedetto le opere e le ha definite «un momento di grazia», sottolineando come «l’arte possa essere un ponte tra la storia e la spiritualità, tra la bellezza e la fede viva del nostro tempo».

Dietro gli espressivi volti ritratti da Chrispapita, cesellati da chiaroscuri che rimandano alla grande scuola barocca italiana, c’è una storia personale sorprendente: quella di un giovane odontoiatra, Christian Escobar, che da autodidatta si è costruito una seconda vita da artista di grande talento per rispondere a quella che lui definisce «la chiamata di Dio» a mettere il suo talento al servizio della Chiesa. «È come se il Signore avesse affidato alle mie mani un dono, senza che io potessi far altro che usarlo per testimoniare la fede», confessa Chrispapita che non ha frequentato nessuna scuola d’arte in vita sua.

Nato a Città del Guatemala nel 1982, ma di origini italiane, Escobar ha coltivato sin da bambino una passione profonda per il disegno. Dopo la laurea in odontoiatria, per lui «la pittura è diventata una forma di meditazione, una sorta di preghiera silenziosa che nel tempo si è trasformata in vocazione».

Chrispapita ha realizzato le sue prime opere a matita e carboncino, rivelando fin dagli esordi uno straordinario talento per il realismo. Ma è con l’acrilico su tela che ha scoperto la sua espressività più autentica grazie a un linguaggio con cui declina e armonizza la precisione anatomica e la spiritualità, la tecnica e la preghiera.

Barocco latino-americano

Lo stile di Chrispapita è la sintesi di una ricerca personale che unisce la tradizione artistica europea con l’identità e la sensibilità culturale latino-americana. «Il chiaroscuro è una metafora della vita – osserva l’artista –. Noi viviamo costantemente tra luce e ombra, ma solo sotto lo sguardo dell’amore divino possiamo ritrovare il cammino verso la luce».

Escobar guarda con rispetto alla tradizione, ma la rilegge con la sua spiccata sensibilità di uomo e artista del XXI secolo. Ecco allora che ogni tratto, ogni pennellata, ogni sfumatura riconsegnano all’arte sacra contemporanea la dignità, l’esuberanza e il dinamismo delle grandiose opere pittoriche seicentesche.

Chrispapita ha rappresentato il Guatemala alla Biennale d’Arte di Venezia, nel 2022, con un gigantesco dipinto dal titolo Inclusione «che celebra la diversità come ricchezza, e la fede come ponte tra culture». L’anno successivo le sue opere sono state presentate al Castello di Santa Severa a Santa Marinella (Roma).

Nel 2024 il suo San Michele Arcangelo è stato esposto nella cattedrale metropolitana di Santiago di Guatemala e, nell’agosto di quest’anno, Escobar ha donato alla cattedrale di Alicante, in Spagna, la sua opera Virgen del Remedio. «Oggi più che mai – sostiene l’artista – dobbiamo sentirci orgogliosi di essere cattolici e di portare il messaggio di Gesù nel mondo. L’arte è un potente strumento di evangelizzazione poiché si esprime con il linguaggio universale della bellezza».

Tre opere e due identità

Nella chiesa del Santissimo Nome di Maria, a Roma, ognuno dei tre dipinti di Chrispapita invita alla meditazione. San Michele è ritratto nel momento in cui trionfa sul male. La stanchezza della sua «battaglia» è evidente, perfino umana, ma incarna la «vittoria della luce sulle tenebre», spiega l’artista. Invece san Gabriele appare con un volto sereno e uno sguardo limpido: è colui che reca la buona novella, «la pace e la saggezza che emanano da lui, ricordano che Dio è dentro di noi e che tempi migliori stanno per arrivare». Infine, la Madonna, seppure con lo guardo segnato dal dolore, è sorretta da una fede incrollabile che mitiga la sua sofferenza: «lei sa che suo Figlio risorgerà. Nel suo dolore c’è la certezza della speranza», tema del Giubileo di quest’anno.

Chrispapita racconta che ogni sua opera richiede lunghi mesi di lavoro, spesso in solitudine. E ammette che «mentre dipingevo ciascuna di queste opere, ho vissuto esperienze che hanno messo alla prova la mia fede, la mia mente, il mio spirito», come il dolore dell’artista per la malattia in fase terminale di sua madre. «Non sono stati percorsi facili, ma in ogni sfida ho sentito la mano di Dio che guidava la mia».

Chrispapita vive tra Città del Guatemala e Alicante, ma a Roma dice di sentirsi sempre come a casa sua. «La mia trisnonna materna era italiana – conclude – e il suo amore per questa terra l’ha trasmesso ai suoi discendenti, me compreso. Un amore che continua a essere vivo in tutti noi, ancora oggi. Quando dipingo, sento che la mia arte parla anche della mia doppia identità: latino-americana nel cuore e italiana nell’anima».

 

 

 

 

Data di aggiornamento: 13 Dicembre 2025
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