La Cina vista da un missionario

Dal 1903 al 1914 padre Leone Nani prestò servizio in Cina, evangelizzando, ma anche documentando l’identità di un Paese in trasformazione attraverso 640 lastre fotografiche.
18 Dicembre 2020 | di

Codino mancese, cranio rasato, barba incolta, abiti cinesi e occhialetti rotondi. Dimenticate l’immagine tradizionale del missionario d’inizio Novecento. L’autoritratto di padre Leone Nani racconta già da sé la personalità di un uomo fuori dagli schemi. Un giovane curioso e sempre pronto a conoscere nuove culture. Un grande etno-documentarista che, in circa dieci anni di missione cinese, produsse 640 lastre fotografiche in vetro. Proprio quelle lastre oggi sono custodite nell’Archivio fotografico del Pime, il Pontificio Istituto Missioni Estere di Milano.

Se non fosse per il covid che – mentre scriviamo – ha bloccato nuovamente ogni forma di esposizione culturale, una trentina di quegli scatti ora sarebbe visitabile nel Museo Popoli e Culture di via Monte Rosa, in occasione della mostra «Ogni cosa è fotografata». 
In attesa di tempi migliori, non ci resta che ammirare le foto per la stampa dallo schermo del pc. Viaggiando con gli occhi e la mente nella Cina d’inizio '900, un Paese in transizione dall’Impero alla Repubblica. È il 1903 quando Leone Nani, a pochi mesi dall’ordinazione sacerdotale, il 20 settembre s’imbarca da Marsiglia alla volta di Shanghai. Destinazione finale: Hanzhong, località situata in una valle tra le montagne meridionali della provincia dello Shaanxi.

Un bel cambiamento per il 23enne di Albino, in Val Seriana (BG), figlio di un idraulico lattoniere. Dopo il Seminario arcivescovile di Bergamo, Leone entra nel Pontificio Seminario dei Santi Apostoli Pietro e Paolo di Roma (che nel 1926 si fonderà col Seminario lombardo per le missioni estere dando vita al Pime). Da qui, fulminea e inaspettata, la missione in Oriente. Leone è un po’ preoccupato. Ma ben presto la paura si trasforma in entusiasmo

Nuova vita 

Non appena giunge a Guluba, nello Shaanxi meridionale, padre Nani cerca di integrarsi tra gli abitanti. Lo fa studiando la loro lingua, ma anche attirando la loro attenzione. In questo senso svolge un ruolo fondamentale la voluminosa attrezzatura fotografica che il missionario si porta sempre appresso. Suo obiettivo, del resto, non è solo evangelizzare, impartire sacramenti e costruire chiese, ma anche comprendere e apprezzare la diversità. Nel decennio vissuto in Cina, padre Leone viaggia spesso, toccando con mano la povertà, come pure la forza d’animo e la dignità della popolazione. Racconta il suo vissuto nelle lettere che verga a mo’ di diario per il rettore del suo istituto. Ma soprattutto, registra ciò che lo circonda con l’aiuto dell’obiettivo. Ogni scatto è un passo in avanti verso la cultura orientale.

Sempre più coinvolto in questo processo di «cinesizzazione», padre Nani però non abbandona mai l’approccio documentaristico. Impassibile come un cronista. È capace di fotografare con la stessa fermezza una scena di pesca col marangone e l’esecuzione di un condannato a morte. Qualsiasi tema lo interessa. Passa dalla lavorazione della carta di bamboo alla coltivazione dei funghi orecchia, fino alla costruzione della nuova chiesa del vicariato di Hanzhong. Dietro l’oggettività, tuttavia, si nasconde sempre un risvolto ironico (non a caso il soprannome Don Allegro). Come quando il missionario fa capolino da una casa in stile Hitchcock, o quando si fotografa mentre cade da cavallo.

Padre Nani racconta scene di vita quotidiana, paesaggi, animali, mestieri. Anche se è nel ritratto che dà il meglio di sé. Per ritrarre mariti e mogli, bambini, e pure se stesso, allestisce addirittura dei set fotografici, con tanto di vasi di fiori, sedie e sputacchiere. Non lascia mai nulla al caso il missionario, ogni foto testimonia la sua competenza tecnica. Competenza che misteriosamente verrà accantonata al suo rientro in Italia nel 1914, agli albori della Grande guerra. 

Il ritorno  

Chiusa la parentesi cinese per motivi tuttora ignoti, padre Nani viene assegnato all’opera di assistenza spirituale in un ospedale militare. Quindi, a conflitto terminato, torna ad Albino in veste di sacerdote diocesano. Docente di latino ai seminaristi dehoniani della scuola apostolica del Sacro Cuore, nel '22 gli viene assegnata la chiesetta della Santissima Trinità, a pochi chilometri dal suo paese natale.

La Cina è geograficamente molto lontana ormai, ma nel suo cuore occupa sempre un posto speciale. Di tanto in tanto, a padre Leone piace condividerla con i parrocchiani, proiettando le sue fotografie, nelle sere d’estate, sul sagrato della chiesa. Un modo come un altro per affrontare insieme la diversità e trarne arricchimento. Quando padre Nani muore d’infarto l’8 maggio 1935 a soli 55 anni, gli abitanti di Albino si riuniscono in un corteo funebre per ricordarlo. L’ultimo saluto al Don Allegro che insegnò loro l’importanza di amare e sorridere anche di fronte alle avversità.

 

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Data di aggiornamento: 18 Dicembre 2020
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