La sfida del deepfake
Nelle ultime settimane sono circolate sui media decine di immagini di Trump circondato da sostenitori afroamericani. La foto più «famosa» lo vedeva attorniato da un gruppo di donne sorridenti, in una posa simile ai selfie che i politici concedono ai fan. Il problema di queste «istantanee» è che erano tutte false, generate da software basati su «intelligenze artificiali». Ma è proprio la loro apparente normalità l’elemento di forza. Un’inchiesta della BBC ha ripercorso la vicenda: sono immagini «prodotte e diffuse» da sostenitori del candidato repubblicano alla Presidenza degli Stati Uniti, con l’obiettivo di confondere le idee agli elettori e accreditare la tesi che Trump sia vicino alla minoranza nera.
Nel 2024 sono previste elezioni nel mondo che coinvolgono oltre 4 miliardi di persone. Qualcuno l’ha definito l’anno più elettorale di sempre. Non dappertutto sarà un appuntamento libero e democratico, ma ovunque l’esito sarà condizionato dai media. E la novità dell’attuale stagione politica è appunto rappresentata dalle foto, dai video e dagli audio contraffatti, i cosiddetti deepfake, neologismo ormai presente pure nel vocabolario Treccani. Stiamo parlando di falsificazioni frutto di «manipolazioni profonde» che sono tali per due ragioni: perché si servono delle IA, cioè di tecniche sofisticatissime, e perché compiono un’operazione che altera la normale percezione della realtà.
Fino a oggi siamo stati abituati ad attribuire alle immagini, ai filmati e ai sonori uno statuto di verità. Da ora in avanti non sarà più così. Di fronte alle riprese di un personaggio pubblico, ascoltando la sua voce, dovremo comunque chiederci: è autentico o è frutto di un artificio questo documento? Non è un passaggio da poco e i manipolatori sono pronti ad approfittarne, soprattutto se il loro obiettivo è seminare confusione e contaminare la vita democratica.
Che il problema sia avvertito pure dagli italiani lo ha certificato a marzo il rapporto annuale sulla Comunicazione presentato dal Censis. Il 74% degli intervistati ha risposto che gli effetti dell’uso delle intelligenze artificiali sono imprevedibili, anche se è certo (per il 72%) che i ricchi diventeranno sempre più ricchi. E la democrazia che fine farà? Il 68% non ha dubbi: è in pericolo, perché non sapremo più distinguere il vero dal falso.
Quali sono allora le risposte possibili? Premesso che soluzioni magiche non esistono, l’AI Act approvato dall’Unione Europea dà una risposta chiedendo a chi pubblica che sia sempre trasparente e dichiarata la presenza di materiale modificato dai software. Ci sono poi pure delle tecniche avanzate che riescono a smascherare le contraffazioni.
Ma la questione non riguarda solo la Rete. Tutta la nostra epoca è segnata da un enorme rumore mediatico che richiede un diverso livello di consapevolezza. Notizie e documenti vanno sempre controllati. È una fatica in più per tutti, ma soprattutto per gli operatori dell’informazione. Aver cura del Vero è il nome di un volume uscito dopo un Corso di Alta Formazione dell’Università di Padova, iniziativa che ha coinvolto in tutta Italia un centinaio di giornalisti/comunicatori. Con le IA «la cura» allarga la sua sfera terapeutica, diventa indispensabile pure per la qualità del futuro della nostra vita pubblica.
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