Intelligenza artificiale: inclusiva o esclusiva?
Nel suo messaggio per la Giornata mondiale della Pace (1° gennaio 2024), sottoscritto l’8 dicembre 2023, papa Francesco ha invitato a riflettere sul tema “Intelligenza artificiale e pace”. Solitamente gli argomenti del messaggio sono centrati soprattutto su tematiche sociali e culturali, ma stavolta il pontefice ha voluto considerare l’ambito tecnologico che oggi è alla ribalta: sempre più sentiamo parlare di sistemi di apprendimento automatico, di riconoscimento vocale e fisico, di produzione di testi e immagini. Come leggiamo nel messaggio, sono «straordinarie conquiste della scienza e della tecnologia» che portano grandi benefici alla vita umana, ma allo stesso tempo, alcune di esse «possono rappresentare un rischio per la sopravvivenza e un pericolo per la casa comune».
Anzitutto è importante rendersi conto che non sono tecnologie neutre: spesso siamo abituati a dire che le cose che abbiamo non sono buone o cattive, ma dipende dall’uso che ne facciamo. In realtà, questi sistemi di intelligenza artificiale hanno la capacità di interagire con noi in modi che imitano i nostri: pensiamo ad esempio a Chat GPT, Google Bard, Hugging Chat e molte altre applicazioni che simulano la conversazione umana. Ma in che modo sono stati “educati”? C’è un vero e proprio addestramento per costruire i modelli di intelligenza artificiale, che si basa sul confronto con quantità enormi di dati, soprattutto quelli resi disponibili da quell’universo che è il web. Ci sono quindi delle scelte di base che influenzano lo sviluppo di queste tecnologie: sia per quanto riguarda la loro costruzione che per i risultati che da esse otteniamo, dobbiamo tener conto di «una dimensione etica, strettamente legata alle decisioni di chi progetta la sperimentazione e indirizza la produzione verso particolari obiettivi».
La capacità imitativa dell’intelligenza umana da parte di queste tecnologie è sorprendente; pur trattandosi solo di imitazione, è importante che l’uso e lo sviluppo dell’intelligenza artificiale nelle sue varie forme venga regolato, avendo come obiettivo non solo «la prevenzione delle cattive pratiche, ma anche l’incoraggiamento delle buone pratiche». Per questo, «è indispensabile identificare i valori umani che dovrebbero essere alla base dell’impegno delle società per formulare, adottare e applicare necessari quadri legislativi»; in particolare, il papa sottolinea un criterio di base, che va sempre recuperato: «il modo in cui utilizziamo [queste tecnologie] per includere gli ultimi, cioè i fratelli e le sorelle più deboli e bisognosi, è la misura rivelatrice della nostra umanità». Oggi, infatti, il rischio è che gli sviluppi tecnologici siano nelle mani dei più ricchi o potenti e contribuiscano ad aumentare le disuguaglianze e i conflitti: un bene per pochi non è più un bene comune, anzi rischia di diventare strumento di oppressione e sfruttamento.
Comprendiamo, quindi, che l’intelligenza artificiale ha a che fare con la causa della pace: non solo perché è impiegata nelle armi, sempre più sofisticate (e che permettono una guerra a distanza in cui non si vede il volto di chi viene ucciso, dando l’illusione di togliere la responsabilità), ma anche perché, se non è rettamente sviluppata, rischia di amplificare le disuguaglianze e creare ulteriori discriminazioni.
Per approfondire questi temi, da quest’anno nel «Messaggero di sant’Antonio» abbiamo introdotto una nuova rubrica, “Scenari digitali”, a cura di Roberto Reale, giornalista esperto delle ricadute delle tecnologie nella società e nell’informazione, già vicedirettore del TG3 e di Rainews24.
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