Danzare sotto la pioggia
È stato un anno terribile. Vorrei che fossero ricordate le immagini di alcune donne. Di Giulia Cecchettin, 22 anni. Ho davanti agli occhi una foto di lei sorridente, felice, una maglietta bianca, una gonna estiva con i fiori bianchi. Ha ragione suo padre, quando nella basilica di Santa Giustina, a Padova, ha detto che Giulia «era come l’avete conosciuta, allegra, vivace, mai sazia di imparare».
Un’altra Giulia. Giulia Tramontano, 29 anni, uccisa lo scorso maggio, al settimo mese di gravidanza, con 37 coltellate. Chi ha colpito, un altro «bravo ragazzo», ha reciso due vite. Guardo la foto di Giulia: i capelli biondi, in riva al mare, in costume, un grande cappello, felice. La mano ad accarezzare suo figlio dentro la pancia.
Ho in mente Shani Louk, 22 anni. Una giovane donna israelo-tedesca, che balla musica techno alla grande festa dei ragazzi nel deserto del Negev, in Israele, lo scorso 7 ottobre. Anche lei sorride felice. È la festa dei ventenni, una festa per una vita tutta da vivere. Una festa sfregiata dagli assassini. Nell’ultima immagine di Shani, lei è riversa sul pianale di un pick-up. Le gambe piegate come una marionetta spezzata e uomini che, con crudeltà, le siedono sopra. Io ricorderò quella foto con i lunghi capelli, l’aria leggera, il sorriso di una ragazza e la sua voglia di afferrare i giorni, il tempo, il mondo.
E poi Nahida e Samar. Nahida è una donna che ha messo al mondo sette figli. Samar è sua figlia, cuoca nella Casa delle Suore di Madre Teresa a Gaza. Facevano parte della piccola comunità cristiana della Striscia. Le due donne erano rifugiate nella chiesa della Sacra Famiglia, sono uscite per raggiungere la Casa delle suore. Due donne non potevano essere confuse con combattenti. Nahida Anton e Samar Anton. Le ha uccise un «tiratore scelto» israeliano: questo vuol dire che ha scelto chi uccidere? Guardo la loro foto: serene, l’aria popolare, il tronco di una palma alle loro spalle, indossano la stessa maglia, blu scura con stelline, come se fosse un firmamento. Samar tiene un braccio sulle spalle della madre. Così è stato anche nell’ultimo momento: Samar è corsa in soccorso di Nahida. Sono morte abbracciate.
Ancora le parole di Gino Cecchetin, valgono per tutte queste donne: il padre di Giulia ha la speranza («Io non so pregare, ma so sperare») che questa «pioggia di dolore fecondi il terreno delle nostre vite e voglio sperare che un giorno possa germogliare» e che si possa imparare «a danzare sotto la pioggia».
(La scritta, «Non sei sola», di questa foto è apparsa sui muri di Padova, la città dove a Giulia verrà consegnata a febbraio la sua laurea. Sapete qual è il titolo della sua tesi - finita, mancava solo il colloquio finale?: «Sviluppo di biomateriali per la sostituzione dei tessuti della trachea»).
(Una seconda parentesi: i femminicidi non si sono fermati, l’emozione per Giulia non riesce a bloccare la mano degli uomini. Nello stesso giorno dei funerali di Giulia, se ne svolge un altro ad Andria, una donna uccisa dal marito. Non ha avuto la stessa attenzione. E non ci sarà una mobilitazione così forte nemmeno per Vanessa, uccisa nel trevigiano. Aspettava un bambino, Vanessa).
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