La nostalgia di Antonio
Antonio Bisecco, 83 anni, è abbonato da oltre vent’anni al «Messaggero di Sant’Antonio». Talentuoso musicista, da quando è emigrato in Canada nel 1954 è tornato solo due volte in Italia: in luna di miele, e poi quando il primogenito aveva 3 anni. «Ho fatto un voto e sono andato a ringraziare sant’Antonio di Padova dopo che mia moglie, in seguito a due gravidanze non andate a buon fine, stava per perdere anche lui». Il desiderio di Antonio è tornare in Italia a Natale per «vincere» quella malinconia che puntualmente lo assale quando arrivano le feste. Nato a Minturno (Latina) il 10 aprile 1940, sposato con Anna Lucia, originaria di Gildone (Campobasso), hanno tre figli: Eugenio, Carolina e Anthony junior.
Pittore di interni per quarantacinque anni, Antonio ama profondamente la musica: «A 10 anni andai a lezione di clarinetto. Nel 1952 mio padre partì per il Canada. Lo raggiunsi il 2 novembre 1954. Dopo un paio d’anni, si riunirono a noi mia madre e mio fratello. A 18 anni ripresi le lezioni di clarinetto e sax con il maestro Arturo Romano. Nel 1958 e 1959 partecipai al Festival della canzone italiana a Montréal. Cominciai a prendere lezioni di composizione dal professor Frank Mella. Poi incontrai dei ragazzi che suonavano la fisarmonica, la chitarra, il contrabbasso e la batteria, e così formammo un quintetto, “I Latini”». Nel 1963 Antonio incise le sue prime melodie, tra cui Triste viale e Una stretta di mano col cantante Enzo Lomanto. Poi, con il produttore Tony Cadicchio, registrò le canzoni Vent’ans e Je n’ose pas. Collaborò con il maestro romano Villi Brezza che gli curò diversi arrangiamenti. Non ha mai smesso di scrivere melodie e, nel 2014, insieme ad alcuni suoi amici cantanti, ha inciso un doppio cd dal titolo Paese mio, con trenta canzoni.
Quest’anno, insieme a Carlo Monti ha lanciato il cd Comme je t’aime toi con quindici canzoni. La musica è una passione che ha sempre alimentato il suo amore per l’Italia. «Non ci vado mai perché della mia famiglia d’origine non è rimasto quasi nessuno». Però, in fondo al suo cuore, arde il desiderio di riabbracciare la sua terra. E Natale sarebbe il momento ideale per farlo: «Da ragazzino giocavo per ore a tombola con i miei cugini intorno al focolare, mentre la nonna e le zie cucinavano. Poi andavamo alla Messa di mezzanotte. A Montréal ho sempre cercato di ricreare le atmosfere del Natale italiano, festeggiandolo in famiglia o tra amici; con mia moglie che ogni volta si sbizzarrisce ai fornelli tra antipasti, pasta al forno e arrosto di vitello. Tra una pietanza e l’altra, poi, c’è lo scambio dei regali, soprattutto per la gioia dei miei cinque nipotini. Quando mio padre era ancora in vita, giocavamo a carte aspettando mezzanotte».
Eppure Natale mette tanta malinconia ad Antonio «perché, puntualmente, penso alla mia infanzia, a quei sapori e profumi che sono scolpiti nel mio cuore. In Italia cantavamo Tu scendi dalle stelle, a Montréal è successo molto di rado. Il Natale vero, per me, sono i ricordi indelebili della mia infanzia. Per me il Natale significa la nascita del Messia, ma nella società canadese il Natale è solo un’altra occasione per spendere e consumare. Mi auguro di tornare in Italia – conclude Antonio –. Forse capirò che, in fondo, il Natale di una volta non è più lì dove l’ho lasciato, ma resterà per sempre nel mio cuore».
Prova la versione digitale del «Messaggero di sant'Antonio»!