L’anima virtuale di Mosul

Una piattaforma che raccoglie dipinti digitalizzati, ma anche video, clip audio e ricostruzioni in 3D della città irachena durante e dopo l’occupazione dell’Isis: è il progetto Google «The Art and Soul of Mosul».
14 Aprile 2021 | di

Una distesa di macerie. Case scoperchiate, muri squarciati, polvere e calcinacci dappertutto. Così appariva la città vecchia di Mosul nel 2017, quando le forze irachene la liberarono dopo tre anni di occupazione da parte dell’Isis. Sono trascorsi quattro anni da allora. Molti detriti sono ancora là dove li avevamo lasciati, eppure la vita è sbocciata di nuovo a Mosul. Alcuni abitanti hanno riaperto le loro attività. Altri, ritornati alle proprie case, ne hanno dipinto i muri con colori accesi, in segno di rinascita. Altri ancora hanno affidato ricordi e sensazioni al pennello e alla tela. È il caso dei protagonisti di «Return to Mosul», la prima mostra allestita dopo la liberazione, nel 2018, al Mosul Cultural Museum. Quegli stessi artisti selezionati dalla radio irachena Al-Ghad, ora sono approdati in Rete nell’ambito del progetto di Google Arts & Culture «The Art and Soul of Mosul».

Lanciata lo scorso 28 gennaio, questa piattaforma raccoglie video, clip audio, gallery digitali. Non solo, dunque, semplici quadri di arte contemporanea partoriti nei giorni più bui o subito dopo lo scempio dell’Isis, ma un tuffo nell’essenza di un popolo che affonda le radici nell’antica Mesopotamia, culla della civiltà. Non a caso, accanto ai tour pittorici, la piattaforma offre viaggi virtuali ed esplorazioni in 3D dei monumenti e dei siti archeologici distrutti dai fondamentalisti islamici. Contro l’oblio della civiltà, l’unica arma è ricordare, diffondere la verità e – parafrasando papa Francesco durante il suo recente viaggio apostolico in Iraq – «lavorare insieme in unità per un futuro di pace e prosperità che non lasci indietro nessuno e non discrimini nessuno».

Vittime e carnefici

Una sagoma nera veglia su una landa desolata. È inerme davanti al fumo minaccioso che si alza in lontananza sotto forma di bestie dai denti aguzzi. Mentre un fiume di sangue attraversa denso la pianura, a oriente una luce lattiginosa si fa strada nell’oscurità. A una prima occhiata, richiama subito l’eterna lotta del bene contro il male l’olio su tela di Mohammed Bahr Daesh Destruction of Mosul. Basta però tradurre il titolo – La distruzione di Mosul per mano del Daesh – per contestualizzare l’opera. Siamo nella città irachena ostaggio dell’Isis fino a qualche anno fa. I mostri partoriti dalla nube sono i terroristi autori di efferate esecuzioni, nonché profanatori di antichità. Hanno devastato templi, sculture e interi siti archeologici, ma soprattutto le radici di un popolo.

Mentre la paura dilaga come un veleno per le strade di Mosul, la città è paralizzata in un tempo infinito e quasi irreale. Testimoni e vittime della tragedia, le donne celano dietro il niqab il dolore e l’isolamento. Mona Nahleh (nell’olio su tela Nostalgia) le raffigura come bambole di pezza, come se fossero state private della loro identità. Faris Al-Rawi (in The Mother of Two Springs: Mosul) le dipinge addirittura senza volto, mentre camminano nella notte sotto un palo del telefono sul punto di cadere (ennesimo riferimento all’occupazione dell’Isis che vietò agli abitanti di Mosul l’uso del telefono e di internet).

Oltre agli scenari spettrali e ai volti deformati dalla sofferenza, tra le opere irachene digitalizzate nel progetto «The Art and Soul of Mosul» c’è posto anche per la speranza. A incarnarla bene sono i due ragazzini che danzano felici nella tela di Mohammed Murabit, Joy. La liberazione di Mosul coincide con un bagno di colore. Spinti verso la luce dallo sfondo giallo e rosso, i protagonisti aprono le braccia al futuro e sorridono nonostante tutto. Non sono gli unici bambini che incrociamo sulla piattaforma di Google Arts. Dipinti o fotografati, corrono tra le macerie con lo zainetto della scuola sulle spalle, giocano a pallone tra i muri punteggiati dalle mitragliatrici, volteggiano sull’altalena laddove poco prima cadevano le granate. Recuperare l’innocenza rubata per questi ragazzi sarà forse impossibile. Nessuno però potrà mai impedire loro di scrivere un futuro migliore.

Voci da Mosul

Se è vero che già di per sé l’arte veicola sempre un messaggio, quando anche l’artista decide di «rifinire con le sue parole» il potere della tela acquista ancora più forza. Vedere per credere la sezione «Voices from Mozul» del progetto «The Art and Soul of Mosul», che raccoglie le testimonianze di chi ha dovuto nascondere i propri quadri persino dentro al soffitto per evitare che gli tagliassero la mano. «Ogni volta che completavo e firmavo un dipinto, gli cercavo un nascondiglio» ricorda Hakam Alkattib. «Gli artisti venivano etichettati come i più feroci nemici – continua –. Mi nascondevo nell’atelier, la pittura ha accompagnato la mia solitudine e mi ha aiutato a far uscire ciò che avevo dentro». Furono «tre anni difficili nei quali il tempo si fermò e la vita fu sospesa» aggiunge Muwafaq Hussein, autore e direttore teatrale.

«Mosul ha dimostrato di essere una città che può soffrire, ma che non muore – chiosa Mohammed Alhashimie, direttore di Radio Al-Ghad –. È risorta e vivrà grazie al vigore e alla determinazione della sua gente». Gente come i molti giovani che, negli ultimi tempi, si sono attivati per documentare in VR (virtual reality) i danni prodotti a Mosul dall’Isis. In attesa di aggiornamenti, nel frattempo sul portale di Google Arts sono disponibili il tour a 360° della moschea di Al-Nuri e la ricostruzione in 3D della statua del leone di Mosul. Senza scordare il tour virtuale della chiesa siriaco-cattolica di Saint Thomas, una delle più antiche di Mosul, e quello della Umayyad Mosque, la prima moschea della città.

Completa il viaggio virtuale a nord dell’Iraq la sezione «Culture surviving against the odds» che racconta come le persone stanno vivendo oggi a Mosul. Su tutte, il gruppo di giovani Maslawis che ha ideato un progetto per far rivivere una strada nei dintorni di Al-Mashahda e cancellare le tracce lasciate dalla guerra. La ricetta segreta? Litri e litri di colore blu e arancione, qualche pennello e tanta buona volontà. Forse una via ritinteggiata non farà la differenza, ma la voglia di cambiare e l’impegno di questi giovani sicuramente sì.

 

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Data di aggiornamento: 14 Aprile 2021
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