Le domande della vita
«Cari Edoardo e Chiara, sono sposata da quasi trentuno anni (più sei di fidanzamento) con Mario. Abbiamo cinque figli ormai grandi, uno dei quali sposato e un altro fuori casa per lavoro. Abbiamo trascorso questi anni a tirar su i figli che spesso ci han dato filo da torcere, senza nonni a disposizione e con i miei genitori da accudire per molto tempo.
Mio marito ha sempre lavorato molto, è un tipo solitario e tranne il primo periodo di matrimonio in cui frequentavamo gruppi di amici e di coppie in parrocchia (per far piacere a me, come sottolinea) ora non vuole più avere amici. Pensavo che, con i figli grandi e più tempo per noi, avremmo fatto più cose, invece quando ci vediamo di più, tipo fine settimana o vacanze, litighiamo. Purtroppo ho anche problemi alla sfera intima legati alla menopausa che non facilitano il nostro rapporto.
Mi sento triste e amareggiata e non so più che fare della mia vita. Grazie».
Lucilla
Buongiorno carissima Lucilla (anche in questo caso il nome è di fantasia). Dalla tua lettera trapela tanta fatica e preoccupazione, ma noi che la leggiamo da esterni cogliamo anche tutto lo spessore del percorso che tu e tuo marito avete vissuto assieme e la bellezza e la ricchezza del vostro matrimonio nel tempo e ora.
Probabilmente le vostre energie migliori e le vostre tensioni, per la maggior parte degli anni, sono state orientate ad accompagnare i vostri figli all’autonomia, nutrendoli di affetto e cure, pazienza, presenza e ascolto. Avete pure amato e accompagnato i tuoi genitori nella vecchiaia e alla vostra coppia, forse, in quegli anni sono rimaste solamente le poche forze residue. Ora che i figli sono cresciuti, vi ritrovate come due isole, ognuna con la sua indole, quella tua più propensa ad aprirti all’esterno, frequentare amici, fare esperienze e quella di tuo marito più focalizzata al lavoro e incline alla solitudine.
Tuttavia, questa diversità, questa apparente distanza, non è vuota e sterile, ma è pregna di ciò che avete costruito nel tempo, rimane intrisa del senso profondo dell’essere sposati nel sacramento del matrimonio: ogni giorno è fertile di nuove possibilità per imparare ad amare tuo marito.
Noi a volte cerchiamo nell’altro quello che ci è affine o quello che ci conferma nei gusti, negli orientamenti, nelle passioni; la sfida, nella fase della vostra vita, ma a ben pensarci anche in tutte le altre fasi del matrimonio, è vedere le diversità dell’altro come opportunità per noi per conoscere, imparare, apprezzare qualcosa di nuovo e che non ci appartiene e ancor di più come un’opportunità per amare l’altro per ciò che è veramente e non perché ci gratifica o corrisponde alle nostre aspettative. L’altro, proprio come accade a noi, nutre il bisogno profondo di essere lasciato libero di essere se stesso. Non è possibile amare senza tenere conto di questa profonda legge dell’amore.
Ma, allora, come mantenersi coppia seppur nella diversità? Innanzitutto ci viene da dire che dovremmo vegliare affinché la diversità non diventi distanza. La domanda che ti facciamo è: quali sono le cose che nel quotidiano fate assieme? Potrebbe essere semplicemente stare seduti vicini guardando la tv, bere un caffè o una bibita insieme. Come recuperare e valorizzare questi piccoli momenti, facendoli diventare speciali, solo vostri, punti di connessione per la vostra coppia? E ancora: quali cose potreste cominciare a fare assieme, magari scegliendo di seguirlo tu nelle sue passioni, nelle sue occupazioni? Potresti anche trovare un tuo spazio, un impegno, coltivare una passione e, tornando a casa, trovare un momento per raccontarla a tuo marito, senza aspettarti che lui ti segua, lasciandolo essere davvero se stesso e cercando di incontrarlo là dove egli è, senza al contempo privare te di esperienze personali.
Sappiamo bene (perché lo sperimentiamo anche tra noi due) che tutto questo non è sempre possibile farlo con cuore leggero, che è sempre difficile far morire le nostre aspettative sull’altro, non sentire una stretta allo stomaco se lui (o lei) non si comporta come ci sembrerebbe giusto, come ci farebbe star bene.
Se vogliamo crescere è importante anche imparare a gestire questi momenti di insoddisfazione e provare a incanalarli verso una direzione positiva per noi e per chi ci è vicino. Questo non significa accontentarsi di quello che l’altro è. E non è neppure la filosofia del «c’è di peggio», per cui dovresti essere contenta che non ti picchi o ti tradisca. Non è neppure un annullare te stessa inghiottendo bocconi amari e insoddisfazioni, perché lui è fatto così.
La questione non è quella di rinunciare a chiedergli un investimento maggiore nella vostra relazione; la sfida è farlo con amorevolezza, chiedere senza pretendere che l’altro debba assecondare il nostro (per noi) legittimo desiderio. Tuo marito è altro da te e in questo sta la tua sfida ad amarlo. Prova a smettere di chiederti «che cosa vorresti per te dalla vita» (anche se desideri cose buone, non ti è utile farlo) e comincia a domandarti «che cosa la vita vuole da te». Anche verso te stessa, in questo cammino non essere troppo severa, sii misericordiosa. Noi per primi ci accorgiamo quotidianamente quanto è piccolo il nostro cuore e come ogni giorno siamo chiamati ad allargarlo un po’, magari volgendo lo sguardo all’Amore che ha amato quando non era amato.
Ti auguriamo di riuscire a vivere il resto della vostra vita assieme guardando sempre di più tuo marito con la tenerezza con cui lo guarda Dio… Ecco che allora questa tenerezza vi potrà aiutare a vivere anche la nuova e delicata fase della vostra sessualità e a trovare un nuovo equilibrio che parlerà di voi, del tempo vissuto assieme e di ciò che nel cammino siete diventati.
Edoardo e Chiara
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