Lo stile di non essere ostile!

Il Milan ha sottoscritto il «Manifesto della comunicazione non ostile». Che sia giunto il tempo di uno sport inclusivo e rispettoso delle differenze?
26 Luglio 2021 | di

Ecco che, con l’arrivo dell’estate, anche il calcio nostrano va in vacanza! E, a proposito di campionato italiano, da buon milanista quale sono, mi viene subito in mente di suggerirvi la lettura di un articolo interessante, «Il Manifesto per la comunicazione non ostile arriva nel calcio ed è un buon segno per l’inclusione», scritto dal mio caro amico e collega Antonio Giuseppe Malafarina per InVisibili, rubrica del «Corriere della Sera». In esso si evidenzia l’importanza del «parlare correttamente» in ambito calcistico, e più in generale sportivo, facendo riferimento a un documento sottoscritto nel febbraio 2017: il Manifesto della comunicazione non ostile. Ma di che cosa si tratta? Com’è spiegato all’interno dello stesso manifesto, è «una carta che elenca dieci principi utili a migliorare lo stile e il comportamento di chi sta in Rete. Il Manifesto della comunicazione non ostile è un impegno di responsabilità condivisa. Vuole favorire comportamenti rispettosi e civili. Vuole che la Rete sia un luogo accogliente e sicuro per tutti».

Sono molti i concetti simili che ho provato a diffondere anch’io, in tale ambito, nella mia trentennale esperienza di formatore, educatore e giornalista. Come, ad esempio, l’immagine delle «parole come ponti», parole, cioè, che ci permettono di entrare in relazione con gli altri, quando, con rispetto e sensibilità, spieghiamo un pensiero o una prospettiva differenti. Ma anche il termine «responsabilità»: siamo noi, cioè, che riempiamo di contenuti e di significati le parole, per cui è necessario prendere coscienza del fatto che queste talvolta possano ferire – «so che ogni mia parola può avere conseguenze, piccole o grandi» – e dobbiamo pertanto assumerci la responsabilità di scegliere con cura i contenuti da condividere, in modo tale che la nostra comunicazione non sia offensiva. E, invece, oggi risulta difficile trovare persone disposte ad assumersi la responsabilità di parole e relazioni.

Un altro concetto su cui ho lavorato è l'«ascolto»: prima di esprimere il proprio pensiero è importante ascoltare il punto di vista altrui, in particolare, utilizzando un ascolto empatico e proattivo che, rispetto al sentire, che è unilaterale, presuppone uno scambio, una relazione. Spesso, poi, ho cercato di spiegare la grande differenza tra il «parlare correttamente» e il «parlare politicamente corretto». Come sostiene Malafarina, questo non vuol dire «usare la giusta ortografia, il parlare forbito e il saper mettere gli avverbi al posto giusto. Parlare corretto vuol dire non offendere con il proprio linguaggio. Vuol dire scegliere lo stile di non essere ostile. Questa è la mia battaglia […] Il linguaggio sbagliato nella disabilità è prevalentemente abilista. Raramente si tratta di sviste, di scivolate sulle bucce di banana». È importante che a questa lotta contro ogni forma di discriminazione si sia unito anche il Milan: è un atto a mio avviso rivoluzionario, che pone il mondo del calcio nella condizione di essere un contesto davvero inclusivo e rispettoso delle differenze.  E voi, siete per l’ostile o lo stile? Scrivete a claudio@accaparlante.it oppure sulle mie pagine Facebook e Instagram.

 

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Data di aggiornamento: 26 Luglio 2021

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