Ma i disabili sono belli o brutti?

È dedicato alla bellezza l’ultimo libro di Roberto Ghezzo. Una bellezza preziosa, perché parla di unicità. Come quella insita nella disabilità.
16 Gennaio 2024 | di

Chi l’avrebbe detto che quel professore un po’ burlone di Roberto Ghezzo avrebbe scritto altri libri? Sto scherzando, ovviamente, perché lo sapevo bene che l’avrebbe fatto! Ma voglio cominciare col raccontarvi chi è Roberto Ghezzo. Roberto ha lavorato per vent’anni presso il Centro Documentazione Handicap (CDH) di Bologna, dove ha fatto di tutto: l’educatore, l’assistente alle persone con disabilità, l’animatore nelle scuole, il musicista, il formatore, il cuoco, l’autista… A proposito di animazioni con bambini e ragazzi, ha contribuito con me e altre persone con disabilità alla formazione del gruppo educativo «Progetto Calamaio» che – come vi ho già raccontato – si occupa di educazione alla disabilità attraverso laboratori che valorizzano l’incontro e la relazione con la diversità. Non si contano gli eventi pubblici a cui ho partecipato al suo fianco! Ma il mio legame con Roberto si è rafforzato quando ho pubblicato il mio libro Una vita imprudente. Percorsi di un diversabile in un contesto di fiducia (Erickson, 2003), di cui lui è stato uno dei curatori. 

Ma ora veniamo alla più recente pubblicazione di Roberto, Belli Fuori. Storie rivoluzionarie di bellezza e disabilità (Erickson, 2023). Quante volte insieme a Roberto ci siamo chiesti: «Ma le persone con disabilità sono belle o brutte?», domanda che rimanda a una definizione un po’ semplicistica, forse, ma che presuppone a monte un ragionamento profondo. Posso dire, infatti, che Roberto nella sua ultima «fatica» ha approfondito un argomento complesso, usando anche toni ironici. A tal proposito, Ghezzo scrive: «Il suggerimento […] contenuto in queste pagine, a chi ha una disabilità […] o le lavora accanto, a chi la incontra sulla propria strada, è il seguente: cercare la bellezza e trovarla, o semplicemente accoglierla […]». Quindi non si vuole dare una definizione di bellezza della disabilità, poiché questa non è esprimibile con delle parole o dei concetti. Non si vuole neppure «dimostrarla». L’autore ci offre semplicemente la possibilità di riflettere, condividendo delle storie, quelle in cui lui ha incontrato questa bellezza. È il suo punto di vista e in esso tutte e tutti, persone con o senza disabilità, possono trovarci del bello oppure una parte della propria esperienza e identità. 

Come spiega Roberto, i discorsi sul connubio bellezza-disabilità nascono da un immaginario collettivo ancora oggi stereotipato: «[…] il “mondo della disabilità” è stato molto spesso confinato in un ambito scientifico, medico […] tendenzialmente assistenziale. […] Il pericolo è che la disabilità della persona diventi il primo dato, per molti versi il solo. […] Una cultura realmente inclusiva sta portando sempre più chi ha una disabilità a confrontarsi con l’allenatore sportivo, con il collega, con la moglie o il marito, eccetera. In questo modo non è la disabilità ma è la persona che conta, la sua capacità di rivestire più ruoli, di sperimentarsi in più campi con la sua unicità». Possiamo quindi parlare di bellezza come sinonimo di «unicità» a prescindere dai suoi limiti, caratteristiche fisiche, cognitive, sensoriali e comportamentali. Per concludere, dunque, direi che questo è un libro che apre a nuove prospettive… Da leggere tutto d’un fiato. E per voi, che cos’è la bellezza? Scrivete a claudio@accaparlante.it o sulle mie pagine Facebook e Instagram.

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Data di aggiornamento: 16 Gennaio 2024
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