Marco e Gloria, vivi nei nostri cuori
Chissà dove sarebbero oggi Marco Gottardi e Gloria Trevisan se i loro sogni non si fossero interrotti in quella tragica notte del 14 giugno di sei anni fa, quando divampò il terribile incendio alla Grenfell Tower, palazzo di edilizia popolare nel nord ovest di Londra, poco lontano dalla trendy e costosa Notting Hill. Ci piace pensare che avrebbero sicuramente fatto strada nel loro settore, l’architettura, che nel 2017 li aveva portati a trasferirsi a Londra per mettere a frutto quella laurea che entrambi avevano conseguito a Venezia, a pieni voti. Ventisette anni lui, di San Stino di Livenza (Venezia), ventisei lei, di Camposampiero (Padova), si erano conosciuti nella città lagunare nel 2014 e si erano innamorati tra le aule dell’università. Pieni di entusiasmo e di determinazione, come tanti altri giovani coetanei, erano partiti per Londra per realizzare il loro sogno comune di una crescita personale e professionale.
Un inizio promettente: in meno di due mesi dal loro arrivo, avevano trovato lavoro in due studi di architettura diversi, dove ricevevano stipendi dignitosi, ben diversi dagli irrisori compensi da stage che l’Italia offre ai propri laureati. Avevano trovato casa nell’appartamento al 23esimo e penultimo piano di quel grattacielo anni ’70 dove vivevano soprattutto working class, immigrati, famiglie, giovani in cerca di fortuna. Ma Gloria ne andava fiera e nelle sue videochiamate o nei post sui social mostrava agli amici quanto fosse bella da lassù la vista sulla città, che spaziava fino al London Eye. Il sogno di una vita piena, ricca di amici e di possibilità cominciava a realizzarsi. Purtroppo, però, quella notte di giugno, il fuoco che divampò nel palazzo si portò via vita, progetti e sogni di Marco e Gloria, e di altre 72 persone.
La fondazione e il musical
La storia di Grenfell rimane indelebile nella vita dei londinesi e della comunità italiana a Londra, colpita dal tragico destino dei due fidanzati. A sei anni dalla loro scomparsa, vogliamo credere che i loro sogni siano sopravvissuti alla tragedia. Da questa immagine nasce il musical Marco e Gloria: una storia d’amore, della compagnia teatrale «Gli apostrofi» di Treviso. È un’opera in due atti che riporta sul palco proprio le vite di Marco e Gloria immaginando una storia alternativa, un racconto di vita, di amore e di amicizia, senza alcun riferimento alla tragedia di quella notte. Diretto da Fabio Verducci, attore e regista di 35 anni, il musical è andato in scena per la prima volta lo scorso dicembre proprio a San Stino di Livenza, il paese di Marco, dopo quasi tre anni di lavorazione. Periodo di tempo necessario per permettere agli attori di entrare nelle vite dei due ragazzi veneti, aiutati anche dalla stretta collaborazione con i loro amici e le loro famiglie. Proprio le stesse famiglie che, fin dai primi giorni successivi alla tragedia, hanno manifestato l’intenzione di fare qualcosa per ricordare i figli, qualcosa che potesse dare un senso a quella perdita immensa.
Nel settembre del 2018 è nata la Fondazione Onlus Grenfellove creata dalla famiglia Gottardi per promuovere il diritto all’istruzione, con l’erogazione di borse di studio a studenti meritevoli delle scuole superiori e dello IUAV di Venezia, l’università frequentata da Marco e Gloria, ma anche attraverso la fornitura di sussidi multimediali per scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado. La madre di Marco, inoltre, ha voluto ricordare il figlio scrivendo una fiaba per bambini, Il cavaliere e la principessa, presentato anche all’Istituto Italiano di Cultura a Londra. Il delicato racconto ripercorre la vita di Marco, dalla prima infanzia all’incontro con Gloria ed esprime il bisogno di legare il ricordo dei due ragazzi a un messaggio d’amore e di speranza, attraverso un lieto fine in cui il cavaliere coraggioso salva la sua amata principessa dal drago cattivo.
Il sopravvissuto
Grenfell Tower è ancora in piedi dopo sei anni per ricordare quella terribile notte, gettando un’ombra sull’ovest di Londra e molto oltre. Perché l’impatto di quell’evento ha completamente cambiato la vita di chi è sopravvissuto, dei famigliari delle vittime, di un’intera comunità. «Non passa giorno che io non pensi a Grenfell, e per vari motivi è costantemente presente nella mia vita», ci racconta Antonio Roncolato che abitava al decimo piano della torre. Originario di Maserà di Padova, ma a Londra dal 1984, Antonio si è salvato grazie a una telefonata del figlio che quella notte lo ha «supplicato di uscire dalla torre in fiamme», ci informa Antonio ripercorrendo alcuni dei momenti più tragici dell’accaduto. «Ho messo assieme le cose più importanti in uno zaino, passaporto, laptop, documenti, e ho cercato di uscire. Ma sono stato travolto dal fumo nerissimo, caldissimo, asfissiante».
E continua: «Sono stato portato in salvo dai pompieri alle 5.55 del mattino». Finché il padre all’interno della torre lottava per non morire, sapendo che un «solo errore sarebbe stato fatale», il figlio all’esterno «assisteva tutta la notte alla tragedia, impotente». Un trauma da cui si fa fatica a riprendersi e trovare un senso anche a distanza di anni. Antonio ha cercato conforto in quel forte spirito che caratterizza la comunità del quartiere e che lo ha portato a costituire, con altri 12 sopravvissuti, il Comitato Grenfell United per aiutare e rappresentare gli ex residenti e famigliari delle vittime. «Resteremo uniti finché giustizia non sarà fatta» conclude Antonio.
L’inchiesta e il memorial
Da sei anni si attende l’esito dell’inchiesta sulla tragedia di Grenfell. Nel 2024 si aprirà il processo. Sono al vaglio le responsabilità del comune di Kensington and Chelsea, delle aziende che hanno eseguito i lavori di modernizzazione dell’edificio, dei sistemi di sicurezza e anche della macchina dei soccorsi. La Grenfell Tower, infatti, è stata a più riprese definita come un «trappola mortale» a causa delle numerose inadempienze relative alle norme strutturali e di sicurezza. Quel che è certo, è che l’esito dell’inchiesta non restituirà a Marco e Gloria e nemmeno alle altre persone, la loro vita e i loro sogni.
In attesa che la giustizia faccia il suo corso, la comunità propone idee per trasformare lo scheletro di Grenfell in un memorial. Da qui il viaggio di alcuni famigliari delle vittime fino a Milano per farsi ispirare dal bosco verticale di Tito Boeri. Una delle proposte è quella di trasformare il grattacielo in un palazzo verde in cui ogni famiglia possa scegliere un albero che la rappresenti. C’è la volontà da parte di tutti di trasformare la torre in un simbolo del ricordo, della rinascita e della speranza. Al momento restano quel cuore verde che campeggia sulla parte alta del palazzo assieme alla scritta «forever in our hearts».
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