Oltre le lacrime
«Di me sarete testimoni». Queste parole del Maestro (Atti 1,8) costituiscono lo slogan della «Giornata di preghiera e digiuno dei missionari martiri» che viene celebrata anche quest’anno il 24 marzo. In tale data ricorre, infatti, l’anniversario dell’assassinio dell’arcivescovo di San Salvador, sant’Oscar Arnulfo Romero, ucciso brutalmente nel 1980 mentre celebrava la Messa. Martire del regime militare di cui denunciò le violenze, Romero fu un autentico testimone del Vangelo, affermando i valori della pace e della giustizia.
Promossa dal servizio giovani della fondazione Missio, organismo pastorale della Cei, la giornata è un’occasione per fare memoria della missione. Secondo l’agenzia Fides, nel 2022 sono stati uccisi nel mondo 18 missionari/e: 12 sacerdoti, 1 religioso, 3 religiose, 1 seminarista, 1 laico. Il numero più elevato di omicidi è stato registrato in Africa, con 9 missionari uccisi (7 sacerdoti, 2 religiose), seguita dall’America Latina, con 8 missionari uccisi (4 sacerdoti, 1 religioso, 1 religiosa, 1 seminarista, 1 laico) e dall’Asia, dove è stato ucciso 1 sacerdote. Occorre tenere presente che nel computo annuale di Fides non sono elencati solo i missionari ad gentes in senso stretto, ma vengono rubricati anche i cristiani cattolici impegnati in qualche modo nell’attività pastorale, caduti in modo violento, anche se non espressamente «in odio alla fede». Per questo motivo il termine «martiri» si riferisce esclusivamente al significato etimologico di «testimoni», evitando così di entrare in merito al giudizio che la Chiesa potrà eventualmente dare su alcuni di loro.
Tra i caduti in Africa figura anche una nostra connazionale, suor Maria De Coppi, missionaria comboniana, uccisa nell’assalto alla missione di Chipene, nella provincia mozambicana di Nampula, nella notte tra il 6 e il 7 settembre. Gli assalitori, di matrice jihadista, hanno distrutto e saccheggiato le strutture della missione. Suor Maria, in Mozambico dal lontano 1963, è stata colpita da un proiettile alla testa, morendo all’istante. Le sue consorelle la ricordano come una donna sempre coerente nelle sue scelte, interpretando fedelmente quanto auspicato da papa Francesco: stando permanentemente in periferia, dalla parte dei poveri. E cosa dire di don Joseph Aketeh Bako, parroco della chiesa di San Giovanni a Kudenda, in Nigeria? Sequestrato da uomini armati che avevano assalito la sua canonica, è morto mentre era nelle mani dei suoi rapitori, tra il 18 e il 20 aprile.
Emblematico anche il sacrificio di suor Marie Sylvie Kavuke Vakatsuraki, della Congregazione delle Petites Soeurs de la Présentation de Notre Dame au Temple di Butembo; è stata uccisa insieme ad altri civili, durante un assalto avvenuto nella notte tra il 19 e il 20 ottobre al villaggio di Maboya, nella provincia congolese del Nord Kivu. Altrettanto violenta è stata la morte di padre Michael Mawelera Samson, dei Missionari d’Africa, originario del Malawi, scomparso il 10 giugno 2022 dal centro giovanile della chiesa di Mbeya, in Tanzania. Il suo corpo è stato rinvenuto il giorno successivo sul greto del fiume Meta. A questi nomi vanno aggiunti quelli del nigeriano don Vitus Borogo, dei suoi connazionali don Christopher Odia Ogedegbe e don John Mark Cheitnum, del padre congolese Richard Masivi Kasereka e del congolese don Godefroid Pembele Mandon.
Il ricordo dei missionari e delle missionarie martiri non si esaurisce nell’orazione e nel digiuno, ma esige da parte delle nostre comunità gesti concreti di condivisione con chi soffre in terre lontane la stessa vita di Cristo.
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