01 Marzo 2025

Penitenza, cioè conversione

La Quaresima ci invita a riflettere sulla penitenza nel suo significato più vero e profondo: la conversione di un cuore che si sa amato da Dio.
Andrea Trebbi, «San Francesco incontra il lebbroso», icona (riquadro inferiore), 2005, Villaggio sant'Antonio, Noventa Padovana (PD).
Andrea Trebbi, «San Francesco incontra il lebbroso», icona (riquadro inferiore), 2005, Villaggio Sant'Antonio, Noventa Padovana (PD).
© Giuseppe Rampazzo / Archivio MSA

Il tempo di Quaresima, che inizia quest’anno il 5 marzo, ci invita a riflettere su un tema legato a questo periodo, anche se spesso mal compreso e percepito come scomodo: la penitenza. È una parola che è presente nel nostro quotidiano, usata spesso per esprimere qualcosa che facciamo controvoglia o con fatica («che penitenza!»), che magari è pesante, e a volte accompagnata da un senso di punizione per qualche nostra azione.

Anche nell’ambito della fede, quando pensiamo alla Quaresima come tempo di penitenza ci vengono in mente rinunce o fioretti, che spesso rimangono buoni propositi. Pure nel sacramento della confessione, detto anche della penitenza, c’è proprio una parte che si chiama così: alla fine di questo rito il prete «dà la penitenza», che consiste in preghiere oppure atti da compiere, spesso percepiti come una pena da scontare per riparare ai peccati. In effetti, il nome «penitenza» ricorda la parola «pena», ma l’etimologia è diversa: è legata al verbo «pentirsi», come anche il termine «pentimento», ma se quest’ultimo è il riconoscimento della propria colpa, la penitenza esprime anche la volontà di cambiare, messa in atto concretamente

Nei vangeli non si usa quasi mai la parola penitenza, ma Gesù centra il suo annuncio sulla conversione: «Convertitevi e credete nel Vangelo» (cfr. Mc 1,15) è l’invito che propone fin dall’inizio del suo ministero. «Convertitevi», nell’originale greco, significa «cambiate mentalità», e viene tradotto nella versione latina con paenitemini, cioè «fate penitenza». Penso sia molto importante ripartire proprio da qui: l’autentico significato cristiano di penitenza è quello di conversione.

In effetti, è quanto ci viene mostrato anche nell’esperienza dei santi: la vita di penitenza che intraprendono non è da considerarsi come una vita di stenti, che sembra adottare la mortificazione come modalità per guadagnarsi il paradiso, come se l’orizzonte fosse quello di fare delle rinunce per accumulare meriti. La cosa è ben diversa: ce ne fornisce un esempio luminoso san Francesco d’Assisi quando, all’inizio del suo testamento, afferma: «Il Signore diede a me, frate Francesco, di incominciare a fare penitenza così», e narra l’esperienza di misericordia che Dio lo porta a fare con i lebbrosi, per i quali provava ribrezzo solo a vederli, ma che alla fine lo porta a dire: «Ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di animo e di corpo» (cfr. Fonti Francescane n. 110).

L’azione penitenziale, in questo caso, è incontrare i lebbrosi e prendersi cura di loro: qualcosa di amaro per Francesco, ma che non si riduce a essere un atto di carità fatto per vincere se stesso o per mortificarsi. È, invece, un atto che porta a un cambiamento, che rivela un orizzonte più grande: Francesco lo prova nel suo corpo e nel suo animo, e la sua vita viene orientata in modo diverso. Non è più lui il centro di tutto, ma trova il centro nella relazione con il Signore e con i fratelli: è chiaro, quindi, che fare penitenza per Francesco significa convertirsi.

Se la penitenza si riduce a fare delle cose per se stesse, senza cercare la relazione con il Signore e con gli altri, si rischia che queste pratiche vadano ad alimentare l’orgoglio personale (quando si sia capaci di compierle) o la frustrazione (quando scopriamo il nostro limite). Per questo Gesù, nel brano del Vangelo che ascoltiamo il mercoledì delle Ceneri, invita a vivere il digiuno, la preghiera e l’elemosina senza farsi tanto vedere (cfr. Mt 6,1-18), ma piuttosto cercando la relazione con il Padre, che vede nel segreto. In fondo, la penitenza e la conversione partono sempre dall’umiltà di riconoscere che siamo tanto amati da Dio e dal desiderio di poter vivere questo amore pienamente nella nostra vita.

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Data di aggiornamento: 01 Marzo 2025
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