Perché la siccità uccide le donne due volte

Un progetto in Kenya, guidato da una congregazione di suore locali, è in grado oggi di salvare la vita e il futuro di centinaia di ragazze. Merito dell’accesso all’acqua sana e di un punto di vista tutto al femminile.
05 Ottobre 2023 | di

La mancanza d’acqua nelle zone più aride dell’Africa colpisce in modo più grave le donne. Con un’intensità tale da inficiare per sempre il loro futuro, rispetto al resto della popolazione. E i motivi vanno al di là del semplice accesso all’acqua potabile. A chiarirci il perché del doppio svantaggio è un progetto finanziato da Caritas sant’Antonio in una scuola secondaria femminile, guidata da una congregazione di suore locali a Ruai, in Kenya, in un’area rurale, particolarmente arida, a 27 chilometri dal centro di Nairobi, la capitale. La scuola è la St. Therese Girls High School, guidata dalle suore di Santa Teresa del Bambin Gesù, conosciute dalla gente come Banyateresa sisters. Quattro aule e un laboratorio costruiti grazie ai finanziamenti della ong spagnola Manos Unidas. La frequentano 450 ragazze, figlie di quei poverissimi contadini della zona i cui raccolti sono sempre più a rischio per la scarsità delle precipitazioni, anche durante la stagione delle piogge. I cambiamenti climatici qui sono già diventati fame e sete.

Suor Agnes Nduku, responsabile del progetto, snocciola una a una le conseguenze del dramma di vivere con poca acqua in quella zona. Parla dell’ultima epidemia di colera, della scuola che viene abbandonata per paura dell’acqua malsana. Mostra in foto la pozza d’acqua rossastra in cui le donne immergono i grandi serbatoi gialli che trasportano l’acqua nelle baracche degli slum di questa estrema periferia di Nairobi. «Spesso le ragazze non vengono a scuola perché devono cercare l’acqua, perché sono vittime di abusi, perché hanno le mestruazioni».

Il tema «mestruazioni», spulciando le carte mandate a Caritas sant’Antonio, appare più volte nelle parole delle ragazze, ma anche in quelle degli operatori e insegnanti che lavorano alla St.Therese. Nessuno insiste troppo, per pudore e forse anche per retaggio culturale: in molte zone del Pianeta ancora oggi il segno massimo di fertilità è, al contrario, marchio di impurità e motivo di discriminazione. La verità nuda e cruda appare nelle ricerche e nei documenti delle organizzazioni internazionali: in molte scuole dell’Africa mancano acqua, servizi igienici e luoghi appartati per gestire in serenità il periodo mestruale.

Le ragazze non hanno a disposizione assorbenti usa e getta e anche nelle zone dove qualche progetto straniero ha portato gli assorbenti lavabili, l’esperimento non ha sortito grandi effetti. Le giovani non stendevano fuori dalle baracche i dispositivi igienici, per non mostrare a tutti la «vergogna» del loro stato, alcune continuavano a usare anonimi e lisi stracci, veicolo d’infezione. Nel migliore dei casi, quando cioè i dispositivi venivano lavati, l’acqua contaminata e la mancanza di detersivi causavano problemi sanitari gravissimi, mentre a tutt’oggi è difficilissimo potersi permettere una visita medica o anche solo un antibiotico. 

E così, ancora oggi, in molte scuole africane le adolescenti resistono in classe il più possibile, sopportando i crampi premestruali fino all’infausta macchia, che le costringe a tornare a casa. La ricerca dell’acqua, appannaggio quasi esclusivo delle donne, fa il resto. Le giovani perdono sempre più ore di lezione, sono più esposte a violenze e a gravidanze precoci, in tantissime lasciano la scuola. Il solo fatto di essere donna può diventare una condanna alla povertà, può far perdere la vita, può fermare il futuro.

La St. Therese in realtà è una scuola all’avanguardia: tra i suoi operatori c’è Naome, la «Wash Teacher and Matron», che potremmo tradurre con l’insegnante esperta di sanificazione e igiene, segno che le suore hanno ben presente il problema. Tuttavia, senza acqua pulita neppure Naome può fare bene il suo lavoro. È per tutte queste ragioni che suor Agnes chiede a Caritas sant’Antonio l’acqua pulita, l’acqua sana, l’acqua buona per le sue ragazze. La proposta è un pozzo, costruito al margine della scuola, e una torre con un grande serbatoio d’acqua per dar da bere e assicurare la vita in tutte le sue forme.

È il 31 ottobre del 2022. Le suore non hanno una somma da investire nel progetto, ma hanno dalla loro la gente di Ruai, che mette a disposizione la sua forza lavoro per un equivalente di quasi 6 mila euro. Con questo gruzzolo immateriale ma di gran valore chiedono ai frati e ai loro benefattori altri 22 mila euro per dare corpo a quest’opera che è per loro vitale, ogni giorno di più. Caritas sant’Antonio appoggia il progetto in toto. Il 10 maggio 2023 è il giorno del miracolo dell’acqua. Il pozzo è aperto non solo alle ragazze della St. Therese ma a tutti gli allievi delle scuole del quartiere, dai più piccoli ai più grandi. È un giorno di grande gioia, in cui quasi mille persone ritornano alla vita. Perché i miracoli, quelli veri, non si tengono mai solo per sé. 

Segui il progetto su www.caritasantoniana.org

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Data di aggiornamento: 05 Ottobre 2023

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