Perdersi nella nebbia
«La vita del giusto è come la stella del mattino tra le nebbie, cioè in mezzo alle vanità del mondo. Osserva che nella nebbia si ha paura del brigante; dissolta la nebbia splende più luminoso il sole; se tenti di toccarla non senti niente. Nella nebbia le cose sembrano più grandi; si diffonde su tutta la terra e non si sa più per dove andare. Così tra le vanità del mondo si nasconde il brigante, cioè il diavolo; e il giusto nutre un grande timore quando gli arride il favore delle cose temporali» (Sant’Antonio, Sermoni, Domenica XII dopo Pentecoste 5)
Che la nebbia, avvolgendo ogni cosa, faccia sembrare tutto più grande proprio non lo avevo mai saputo. Eppure è così! Case, alberi, oggetti e anche persone sembrano emergere come ombre indistinte e minacciose dalla spessa e grigia nebulosità. Nella nebbia, osserva sant’Antonio, si fanno più acuti i timori d’incontrare all’improvviso dei malviventi che, non potendo essere riconosciuti, sembrano emergere dal nulla e approfittare per mettere in atto le loro ruberie. La descrizione è un po’ inquietante, ma fa pensare. Colpisce in modo particolare il contrasto paradossale evidenziato dal Santo: tanto è pericolosa la nebbia, quanto è inconsistente. Se provi a toccarla, non ci riesci; non la puoi né sentire, né afferrare.
Mi viene in mente lo stile generale di alcune persone molto impegnate a motivo dei loro compiti, delle loro funzioni, dei loro incarichi. Più se ne accumulano, più la cosa diviene rischiosa. Il pericolo consiste nel fatto che ci si possa identificare completamente con il ruolo rivestito, appiattendosi su di esso, adottandolo quasi fosse una seconda veste. Sì, cariche e ruoli possono agire come nebbia. Che cosa può infatti accadere in tali situazioni? Il ruolo, soprattutto se di un certo prestigio, quando lo interpreti e lo assumi in modo totalizzante, ti fa credere che le cose che fai tu siano le più importanti, le più urgenti, le più serie. Corri il rischio di considerare le tue funzioni in modo irrealistico, ingigantito. Non ti accorgi che possono rivelarsi inconsistenti come la nebbia: inconcludenti e vuote, formali e vanagloriose.
C’è poco da ridere. La cosa, invece, è drammatica: molta apparenza nasconde molta sterilità. Il malvivente diabolico che si aggira tra la nebbia fitta di tanti ruoli vissuti così – ma forse bisognerebbe dire: cercati e voluti proprio così! – è quello che ti fa perdere il senso della misura, dell’equilibrio; ti fa perdere soprattutto il senso della realtà. C’è da sperare che lo splendore del sole possa vincere sull’amarezza della nebbia e riaprirci finalmente gli occhi su ciò che è davvero reale. Serve il miracolo – e chiediamolo a sant’Antonio! – d’essere attraversati dal calore solare di relazioni vive e profonde, vere «stelle polari» sul nostro cammino: sono queste a essere davvero reali. Di sicuro poco appariscenti, ma reali. E gustose. Come la sollecitudine mostrata a tu per tu, la compagnia assicurata nei momenti di solitudine, la possibilità di trovare accoglienza nella dedizione fedele di una persona amica, la mano tesa a condividere qualche fragilità.
È questa la «vita del giusto» sognata da sant’Antonio? È la vita vissuta da lui. Me lo immagino così, chinato sul volto di tante persone che lo avvicinavano, con i suoi occhi dritti dritti sugli occhi loro, a diradare paure, a far nascere raggi di consolazione. A predicare anche, certo. Non però con il fumo evanescente di discorsi vuoti, ma con l’efficacia di parole essenziali, forti e dolci, capaci di attraversare i muri come la luce incandescente di un Sole che nessuna nebbia può sconfiggere.
Prova la versione digitale del «Messaggero di sant'Antonio»!