16 Febbraio 2025

La voce di Antonio

La festa della Lingua ci offre un’occasione per riflettere sul nostro modo di comunicare.
Giuliano da Firenze, Reliquiario della Lingua del Santo (particolare), 1436, Cappella del Tesoro o delle Reliquie, Basilica del Santo, Padova.
Giuliano da Firenze, Reliquiario della Lingua del Santo (particolare), 1436, Cappella del Tesoro o delle Reliquie, Basilica del Santo, Padova.
© Nicola Bianchi / Archivio MSA

La festa della Traslazione del corpo sant’Antonio è considerata la festa «invernale» del Santo. Come già abbiamo più volte scritto, è chiamata anche festa della Lingua, per la tradizionale (da alcuni secoli sospesa) processione con la preziosa reliquia del Santo, testimonianza del dono della predicazione che gli è valso l’onore di dottore evangelico. Il 15 febbraio può essere, a giusto titolo, la giornata antoniana della comunicazione, un invito a riflettere su come oggi comunichiamo e su quanto ancora ha da insegnarci la vita e l’esperienza di Antonio.

Pochi erano pari ad Antonio nel parlare e nel sapere, come testimoniano le sue biografie (Assidua e Benignitas), ma questo non era per lui motivo di vanto: si comportava comunque con cortesia. Vigilante e oculato rispetto alle proprie azioni, non solo nelle prediche in pubblico, ma anche nelle private conversazioni, metteva in pratica la virtù della discrezione (quanto anche oggi ne avremmo bisogno!). Di questa parla in uno dei suoi sermoni: «Il naso dell'anima è la virtù della discrezione, per mezzo della quale essa, come con un naso, deve saper distinguere il profumo dal fetore, il vizio dalla virtù, e avvertire anche cose poste lontano, cioè le tentazioni del diavolo che stanno per arrivare» (cfr. II domenica di Quaresima, 8). Spesso oggi, nel mondo della comunicazione il rischio è quello di fare molta confusione: sono tante le informazioni a cui abbiamo accesso e non è facile discernere per giungere a una visione corretta della realtà.

In particolare, una fatica è quella di riuscire a rivolgersi a un pubblico che è molto variegato, con diversi gradi di preparazione e interesse. Anche in questo Antonio è un esempio chiaro, come leggiamo nella biografia Assidua: «Assunto dunque l’incarico della predicazione evangelica, questo servo fedele e saggio si preoccupò di esercitarlo con efficacia e senso dell’opportunità. [...] Alle persone colte comunicava le dottrine più profonde e ardue; a chi disponeva di una preparazione media le annunziava in forma più semplice; ai più umili esponeva la materia in modo luminosamente piano, da potersi quasi toccare con mano» (cfr. Assidua 11,4-5).

E l’attenzione alle sue parole era qualcosa di prodigioso: tantissimi si accalcavano per ascoltarlo senza che ci fosse alcun tipo di disturbo. «Così vivo era il desiderio di tutti e di ciascuno di ascoltare quello che il santo veniva predicando, che spesso, come si racconta, pur assistendo al discorso non di rado anche trentamila persone, non si udiva nessuno strepito o mormorio di tanta moltitudine, ma in continuo silenzio, quasi fossero una persona sola, tutti tenevano sospeso l’animo e l’orecchio verso lui che parlava» (cfr. Assidua 13,7).

Nella Benignitas si danno anche alcune indicazioni riguardo al modo con cui si esprimeva: «il suo discorso, grazie alla sua lingua fluente e molto espressiva, e alla sua voce chiara e gradevolissima, era udito e compreso da tutti» (Benignitas 14). Nonostante fosse straniero, proveniente dal Portogallo, parlava la lingua locale con grande padronanza. Ecco un’attenzione che Antonio ci invita ad avere anche oggi: per entrare davvero in comunicazione con qualcuno, bisogna conoscere il suo linguaggio, il suo mondo, altrimenti si rischia di volare troppo alto (o troppo basso) e non incontrarlo affatto.

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Data di aggiornamento: 16 Febbraio 2025
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