Perdon d’Assisi: incontro con la grazia
Il perdono d’Assisi è un’indulgenza concessa a tutti i fedeli che si rechino in una chiesa francescana oppure parrocchiale, durante il periodo che va da mezzogiorno del 1° agosto alla mezzanotte del 2 agosto. In quest’ultima data si celebra la memoria francescana di santa Maria degli Angeli: proprio la Porziuncola, piccola chiesetta in cui san Francesco e i suoi compagni avevano fissato una delle prime dimore, è il luogo legato all’origine di questo speciale evento.
La Porziuncola è, senza dubbio, un posto molto caro al santo di Assisi, come riporta san Bonaventura nella sua biografia: «Sentendo che là vi erano frequenti apparizioni di angeli, come indicava il nome della chiesa stessa chiamata fin dall'antichità Santa Maria degli Angeli, [Francesco] decise di restarvi a causa della sua venerazione per gli angeli e del suo preminente amore per la Madre di Cristo. Questo luogo il santo amò più di tutti gli altri luoghi del mondo. Qui, infatti, umilmente incominciò; qui virtuosamente progredì; qui felicemente arrivò al compimento. Questo luogo, al momento della morte, raccomandò ai frati come il luogo più caro alla Vergine» (cfr. Legenda Maggiore di san Bonaventura, II, 8; FF 1048). Infatti, proprio presso la Porziuncola, Francesco vive il suo transito da questo mondo al Padre, la sera del 3 ottobre 1226. Raccomandava ai suoi frati di tenere caro quel luogo: «Guardatevi, figli miei, dal non abbandonare mai questo luogo. Se ne foste scacciati da una parte, rientratevi dall'altra, perché questo luogo è veramente santo e abitazione di Dio .[...] Qui, chi pregherà con devozione, otterrà ciò che avrà chiesto, e chi lo profanerà sarà maggiormente punito». (cfr. 1Cel 106: FF 503). Questa ultima frase è una delle poche presenti nelle biografie di Francesco che alludono, seppur in modo indiretto, a una particolare grazia legata al luogo. Tuttavia, è solo il diploma di Teobaldo, documento della curia vescovile di Assisi, emanato nel 1310 dal vescovo Teobaldo (frate minore), che rende esplicita l’indulgenza relativa al perdon d’Assisi, ricostruendo gli eventi di cento anni prima: Francesco si era recato da papa Onorio nel 1216 per chiedere un’indulgenza speciale, non legata a un obolo né limitata nel tempo. L’insistenza del santo trova il favore del pontefice, che dichiara: «da ora concediamo che chiunque verrà ed entrerà nella predetta chiesa, opportunamente confessato e pentito, sia assolto dalla pena e dalla colpa; e vogliamo che questo valga ogni anno in perpetuo ma solo per una giornata, dai primi vespri compresa la notte, sino ai vespri del giorno seguente». Francesco non vuole che venga redatto un documento per l’indulgenza, ma si attiene alla parola del papa; ma, si sa, le parole volano e tanti contestano questo uso straordinario, per cui, un secolo dopo, si giunge a scrivere la dichiarazione nero su bianco. In seguito, l'indulgenza è estesa, per quei due giorni, a tutte le chiese francescane o parrocchiali.
Certamente Francesco mostra un ardente desiderio che tutte le anime siano salvate. E l’indulgenza da lui chiesta è una concessione molto generosa per quei tempi. Ci si potrebbe domandare se non sia un tentativo di svendere la grazia. Ma il santo di Assisi è noto, invece, per il suo profondo senso del peccato e della penitenza. Come dice Bonaventura, «il Santo aveva in orrore la superbia, origine di tutti i mali, e la disobbedienza, sua pessima figlia; accoglieva, però, di buon grado chi umilmente si pentiva». Tuttavia, era attento a «evitare che la facilità del perdono fosse per gli altri incentivo a mancare», come mostra un episodio in cui gli viene portato un frate che aveva trasgredito all’obbedienza, ma si era poi sinceramente pentito. Francesco è incline a essere indulgente, ma comanda comunque di togliergli il cappuccio e di gettarlo tra le fiamme come punizione. Ma, meraviglia: dopo un bel pezzo che stava nel fuoco, il cappuccio viene tolto e non ha alcun segno di bruciatura. In tal modo, conclude Bonaventura, «Dio esaltò la potenza del Santo e l'umiltà del frate pentito». (cfr. Legenda Maggiore di san Bonaventura, VI, 11; FF 1116).
L’indulgenza è quindi occasione di conversione: l’incontro tra l’umile pentimento e il perdono del Signore è luogo per fare esperienza sempre viva della grazia di Dio.
Prova la versione digitale del «Messaggero di sant'Antonio»!