06 Luglio 2025

Programma 75

Nel Giappone del futuro, il ministero della Sanità lancia un piano di risparmio economico che prevede l’eutanasia volontaria gratuita agli over 75. È l’incipit del film «Plan 75» (2022) di Chie Hayakawa.
Programma 75

© Tucker Film

In un futuro non lontano, il ministero della Sanità del Giappone lancia un piano di risparmio economico: consentire l’eutanasia volontaria gratuita a chi abbia raggiunto i 75 anni. Non occorre la diagnosi medica di una patologia. È previsto un incentivo in denaro e la riduzione delle spese di cremazione se l’iniziativa viene da gruppi. Anche agli assistenti sanitari viene aumentato lo stipendio se partecipano al progetto. I motivi? Abbattere i costi della geriatria e delle residenze sanitarie; aiutare i cittadini a donare intatti i risparmi ai propri cari; favorire le assunzioni tra i giovani; prevenire le malattie e le sofferenze degli ultimi giorni; stimolare le imprese private che offriranno il servizio; affidare alla libera decisione dei cittadini la scelta su quando e come morire.

Il «programma 75» viene pubblicizzato capillarmente, spiegato in uffici appositi da personale giovane, che raccoglie le firme dei candidati e li accompagna telefonicamente nelle fasi di dubbio e di pianificazione. Se il piano funziona, si prevede l’abbassamento graduale della soglia fino a 65 anni, se uno lo vuole. Intanto, in certe case di riposo si attuano di nascosto eliminazioni illegittime.

L’etica, assai discutibile, che giustifica l’iniziativa è la seguente: la morte è un fatto naturale, un momento come gli altri dell’esistenza, non c’è in essa niente di male (salvo l’aggravarsi delle patologie e dei patimenti finali), inutile opporsi a un destino già segnato, meglio affrontare la separazione con i propri amici, condividere con loro l’ultimo passo, delegare alla medicina l’interruzione della vita, lasciare che le imprese funebri organizzino la cremazione nel modo migliore. 

Nel film Plan 75 (Giappone, Francia, Filippine 2022) di Chie Hayakawa, il cittadino giapponese è descritto come per lo più diligente, servizievole, educato, riconoscente verso le autorità e i datori di lavoro, accondiscendente alle proposte istituzionali, pronto all’autosacrificio per il bene della nazione. Il bisogno di prossimità sembra venir soddisfatto da un piano (plan) che toglie ogni fatica e onere organizzativo a chi, già in difficoltà, sente che la morte è vicina. Il marketing della morte dolce convince soprattutto chi ha dovuto lasciare il lavoro, vive solo ed è costretto a cercare un secondo mestiere per pagarsi l’affitto, venendo condannato a una dolorosa morte sociale.

Gli uffici di collocamento privilegiano ovviamente soggetti sani e vigorosi. Così restano disponibili poche posizioni contrattuali logoranti: operaio di fatica o controllore dei lavori stradali. L’ottantenne attrice Baisho, ben nota in Giappone, interpreta magnificamente il ruolo della protagonista, la piccola, delicata ed elegante signora Michi, ancora in buona salute ma indigente, che si lascia malinconicamente sedurre dalla nuova proposta sanitaria. È difficile rendersi conto che il diritto a una vecchiaia serena vale ben più dei quattro denari offerti dal governo.

Michi e altri anziani come lei sono paradossalmente aiutati proprio dai giovani funzionari, impiegati e centralinisti del «Plan 75», i quali si accorgono per primi dell’ipocrisia euforica e falsamente rassicurante che i media governativi propagandano, idealizzando (direbbe lo scrittore Aldous Huxley) un cittadino felice, ordinato, produttivo o almeno pulito e disposto a farsi da parte. L’affetto che nasce tra soggetti di generazioni diverse compensa fortunatamente la frammentazione della famiglia nucleare e rinvigorisce la passione per l’esistenza, giorno dopo giorno, sorpresa dopo sorpresa, in una tenace opposizione all’egoismo che ci assedia.

Il primo lungometraggio della regista Hayakawa (classe 1976) pecca di qualche lungaggine, ridondanza e cupezza, ma rappresenta in modo realistico una deriva morale che fa rabbrividire e che ha germi purtroppo già attivi nelle nostre società a bassa natalità. Sono gelidamente ciniche le sequenze in cui gli oggetti dei defunti, da poco cremati, vengono recuperati con ordine: borsette, orologi, pettini. È uno sterminio perpetrato da invisibili carnefici. Le inquadrature sono per lo più fisse, come da malinconiche telecamere di sorveglianza, e la lentezza dei gesti ricorda i film di Yasujiro Ozu, con lo stile di ripresa «dal basso».

Il Giappone ricco e industriale non sembra cambiato molto per chi abita in dimore senza pretese, pulite ma povere, piccole e sconnesse. Fuori, le strade sono congeste, degradate, disorientanti. Le famiglie sono lacerate: giovani senza madri, vecchi senza nipoti, genitori senza figli. Eppure rimane l’eco della lirica tradizionale nipponica: la senescenza è il tramonto della vita e i suoi colori sono «diversamente» belli rispetto alla luce dell’età produttiva.

«Plan 75» parla anche del cinema, come parentesi della vita, come immersione nel buio tra soggetti sconosciuti e come attesa di un racconto luminoso. Il cinema di qualità non è evasione artificiale in luoghi di «pensionamento» protetto e privo di responsabilità (la sala di proiezione), ma è la denuncia di paesaggi alienanti, la fabbrica di narrazioni liberanti. Trovi ragioni di vivere negli sguardi e nelle mani di una ragazza che ti porta a giocare a bowling, anche se sei anziano. E tu sorridi come quando eri piccolo e ti meravigliavi della vita.

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Data di aggiornamento: 06 Luglio 2025

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