Molti dicono che Romena sia il posto degli umili. Io invece credo sia il posto degli umiliati. Di coloro che sono stati gettati a terra dalla vita e quella terra hanno deciso di lavorarla, per far rifiorire la propria esistenza. La parola umiltà deriva da humus, ed essere umili significa proprio questo: sentirsi responsabili della propria vita, senza aspettare che altri se ne facciano carico per noi. Fu suppergiù questo il primo discorso che sentii pronunciare qualche anno fa da don Gigi, don Luigi Verdi, il fondatore della comunità di Romena, località in provincia di Arezzo, nel cuore del Casentino.
E quell’immagine di umiltà così diversa da quanto avevo imparato fino a quel momento, così priva di ogni moralismo, mi conquistò. Mi diede un altro punto di vista, facendomi toccare con mano la dimensione liberante e creativa della fede. Ancora non sapevo, all'epoca, che umiltà per don Gigi è la prima parola di un percorso di otto parole (umiltà, fiducia, libertà, leggerezza, fedeltà, perdono, tenerezza e amore) che rappresentano la chiave di volta di ogni rinascita umana e di fede. Un cammino ben descritto, insieme a molto altro, nel libro di Massimo Orlandi – giornalista e scrittore – Romena. Porto di terra, che narra i primi trent’anni di vita di questa inedita comunità.
Una realtà che della fragilità ha fatto, sin dall’inizio, la sua bandiera. Fragilità che apparteneva a don Gigi, il primo che ha sognato questo posto per offrire un approdo a tutti quei viandanti che cercano un porto in cui riposarsi, riprendere fiato e da cui ripartire. Che apparteneva, ancor prima, a questo stesso luogo, nato nove secoli fa in tempore famis, cioè in tempo di carestia, di fragilità, come si legge in uno dei capitelli della bellissima Pieve romanica di Romena. E che oggi appartiene a coloro che qui, numerosi, approdano in uno di quei momenti di fragilità che tutti conosciamo.
Romena accoglie chiunque («Vieni, vieni chiunque tu sia, sognatore, devoto, vagabondo, poco importa. Vieni anche se hai infranto i tuoi voti mille volte. Vieni, vieni, nonostante tutto vieni» si legge all’ingresso della comunità), con una bellezza di arte, natura e umanità che aiuta a scoprire anche la propria intrinseca bellezza creaturale.
Com’è nato questo luogo, com’è cresciuto, che cos’è oggi e come si immagina nel futuro: tutto questo racconta Orlandi – accanto a don Gigi sin dalla fondazione di Romena – nel suo libro. Pagine da assaporare, sperando che ognuna di esse come un seme possa far germogliare altre realtà simili, di cui ci sarebbe un gran bisogno. Pagine che aprono le porte di questa dimora, luogo di libertà in cui ci si sente accolti, amati e unici, come a casa propria. Perché, come ripete sempre don Gigi, alla fin fine ogni essere umano ha bisogno di poche cose: un tozzo di pane, un po’ di affetto e un luogo in cui sentirsi a casa.