Review category: 
Ori Elon, Yehonatan Indursky

Shtisel

SERIE TV
03 Luglio 2021 | Recensione di
Shtisel
Scheda
Netflix
2013

«Shtisel» è un cognome: l’omonima serie televisiva di Netflix racconta le vicende di vita di una grande famiglia di ebrei ortodossi charedi di Geula, un sobborgo di Gerusalemme. Curata e scritta da Ori Elon e Yehonatan Induvsky, la serie permette per una volta allo spettatore occidentale di accostarsi a un mondo poco noto, quello dell’ortodossia ebraica. Il fine humor tipicamente ebraico di personaggi come Nuchem, Lippe, Zvi Arye, l’importanza del cibo, la mancanza di scene violente, mogli solo in apparenza sottomesse ai mariti ma che governano le famiglie con autorità matriarcale, l’assenza di scene di sesso, abiti e ambienti essenziali: la suspence creata dalla trama è quella della vita di ognuno di noi, quella continua e vera tensione di una vita normale e proprio per questo sempre sospesa tra giornate uguali le une alle altre e momenti in cui tutto sembra precipitare improvvisamente e sfuggirci di mano.

La famiglia Shtisel è la nostra fragile e insicura normalità, rappresentata magistralmente e senza finzioni da grandi attori. Attorno al semplice, piccolo tavolo della cucina di Akiva e di suo padre, il rabbino Shulem Shtisel, spesso ritratti a mangiare o a bere il tè sulla tovaglia cerata, si susseguono i temi della vita umana: la morte, la malattia, la gioia per nascite, fidanzamenti e matrimoni, le accese discussioni per un futuro che, seppur accuratamente pianificato, sempre pare scostarsi dalla traiettoria prevista, sempre resta in balìa delle incertezze e delle debolezze dei protagonisti.

La serie si apre in un’atmosfera onirica: la madre di Akiva, Dvora, viene vista in sogno dal figlio seduta al tavolo di un ristorante in un ambiente però interamente congelato. Il tema della morte, filtrato alla luce di una fede ortodossa che permea in profondità tutta la vita dei personaggi, è il primo che viene proposto e sarà ricorrente. Il rapporto dei vivi con i morti non è però quello di un ricordo sempre più eroso dal tempo: Shulem rivede spesso sua moglie Dvora seduta sul balcone e si confronta con lei anche dopo la sua scomparsa, condividendo pure i, sempre interrotti, tentativi di risposarsi.

Da questi confronti che vanno ben oltre il ricordo non emerge in nessun modo l’ottica del «rifarsi una vita»: la vita di prima non si «rifarà» mai, piuttosto nella splendida penombra quasi mistica di una Gerusalemme periferica, quieta e assorta tra sonno e preghiera potrà riprendere un fluire di giorni diversi e rispettosi verso quelli passati. E questo non senza l’accordo di chi non c’è più ma c’è ancora. Anche il tema della fede, della Parola di Dio e della preghiera è di centrale importanza e segna la vita di tutti i protagonisti della storia.

Non una fede astratta e formale ma un credere nel quale l’aderenza esteriore ai riti e alle norme si trasforma in un’indicazione di vita. Pur lasciando l’uomo nella sua condizione limitata, il rapporto con Dio lo apre a soluzioni inattese, gli fa attraversare il Mar Rosso del dolore e della tentazione senza fargli perdere il significato di questo passaggio. Anche dopo la preghiera il mondo della famiglia Shtisel non è privo di dolore, di sofferenza e di paura, ma è cambiato dalla visita della Speranza.

Data di aggiornamento: 07 Luglio 2021