Suor Judith, la mamma degli orfani

Grazie al vostro aiuto, Caritas sant’Antonio ha costruito un grande muro di cinta a protezione di un progetto a favore delle bambine e dei bambini abbandonati, a Butembo in Nord Kivu. Un’oasi di pace in uno dei territori più violenti del mondo.
04 Gennaio 2022 | di


C’è muro e muro. Quello che Caritas sant’Antonio ha costruito intorno alle strutture della Maison Divine Providence, a Butembo, nella Repubblica Democratica del Congo, è nato per accogliere e proteggere i bambini e le bambine di strada, in una delle zone più povere e violente del Pianeta: il Nord Kivu. Un progetto a cui abbiamo potuto partecipare grazie al coraggio di suor Marie Judith Irma Mafoua, una suora originaria del Congo Brazzaville, che ha alle spalle un vissuto in Italia, come figlia adottiva di una famiglia leccese. Un bene che si è moltiplicato. La casa di Butembo oggi accoglie 25 bambini dai pochi mesi ai 12 anni di età e segue 20 ragazzi di strada, che qui trovano un piatto caldo, cure mediche, la possibilità di lavarsi e di studiare.

Una goccia di sollievo in un mare di dolore, dovuto alla presenza nella zona di oltre cento gruppi armati che razziano e uccidono sommariamente la popolazione, per poter depredare indisturbati le risorse dei loro territori: non solo rame, oro, diamanti, ma soprattutto il coltan, il minerale che serve all’industria mondiale dei computer e dei telefonini e che oggi è alla base delle auto elettriche, protagoniste del nuovo futuro verde dei Paesi ricchi. Miniere a cielo aperto, fuori dal controllo pubblico, dove lavorano migliaia di bambini. Una situazione fuori controllo, dove dominano corruzione e avidità in un mix intricato di interessi stranieri, sotto gli occhi impotenti, quanto inefficaci, della più longeva missione Onu.

Una violenza che è arrivata fino a noi, il 22 febbraio scorso, con l’uccisione in un’imboscata di Luca Attanasio, console italiano in Congo, di Vittorio Iacovacci, carabiniere della scorta e dell’autista, Mustapha Milambo. Appena quattro giorni prima della tragedia, suor Judith presentava a Caritas sant’Antonio la sua missione: «Siamo nella parte più sfortunata del Paese, piagata da guerre e sfruttamento. Qui assisto ogni giorno a tanta miseria, ingiustizia e sopraffazione dei ricchi verso i poveri».

Un’ingiustizia che suor Judith non riusciva più a sopportare, nella calma dei chiostri italiani. «All’inizio, nessuno credeva che una suora cresciuta in un Paese occidentale volesse tornare in quell’inferno – racconta Tonino Procaccini, referente per il progetto –. Ma Judith sentiva che il suo posto era in Congo, nonostante le perplessità della sua congregazione, le Suore del Buon Pastore, e le preoccupazioni della mamma italiana». Una volta a Butembo, inizia ad accogliere i primi bambini in un appartamento. Poi, grazie all’aiuto dei comboniani e di amici italiani, compra un terreno e costruisce l’infermeria e la casa di accoglienza per i più piccoli. Poi è la volta della casa per i più grandi, quelli che ancora vivono sulla strada e dormono allo stadio.

«Suor Judith è una mamma a 360 gradi – afferma Tonino –. Dorme e mangia pochissimo, è tutta per i suoi figli. Quando vado a trovarla, mi colpisce la serenità di quel posto e il miracolo delle rinascite. Ogni volta che arriva un bambino ha negli occhi l’orrore delle violenze, è impaurito e triste. Gli altri bambini gli si fanno attorno, lo accolgono con gioia e calore: c’è chi lo tocca, chi lo lava, chi lo fa mangiare, chi giocare. In pochi giorni la vita rifiorisce, come se il male non ci fosse mai stato. C’è una gioia infinita in quella casa, una luce che acceca». Lotta sempre con le scarse risorse suor Judith, ma non ha mai paura di non farcela: «Io che sono addetto ai conti – confessa Tonino –, quando vedo che si avvicina il rosso mi agito. “Stai tranquillo – mi dice lei – c’è la Provvidenza!”. E la Provvidenza arriva sempre, lo posso testimoniare. A volte è un progetto andato in porto con un’organizzazione, altre volte è l’amico imprenditore che mi chiama per chiedermi di che cosa ha bisogno Judith».

In quest’ultimo periodo la Provvidenza siamo stati noi, frati e amici del Santo: se non fossimo intervenuti prontamente, suor Judith non avrebbe potuto trasferirsi così presto nella nuova casa e accogliere più bambini: «Con il vostro aiuto abbiamo costruito un’alta recinzione di mattoni, per proteggere tutto il terreno e le strutture della Maison Divine Providence». Trecento metri di muro con tratti in pendenza, una piccola fortezza, per un totale di 42 mila euro.

«Il muro di cinta in quel contesto è fondamentale – spiega Tonino –, altrimenti non si potrebbe operare. In più i bambini possono muoversi liberamente e in sicurezza dentro quel perimetro, cosa apprezzata anche dai ragazzi di strada che non sono mai tranquilli in una città in cui tutti i giorni ci sono violenze e uccisioni». Nella terra di nessuno, quel fazzoletto di pace voluto da suor Judith e custodito dal nostro muro grida che tutto è possibile per le donne e gli uomini che coltivano passioni e che credono e sperano, nonostante tutto.


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Data di aggiornamento: 06 Gennaio 2022
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