Una chance al paradiso
«A volte chiedo al Signore perché mai abbia pensato di gettare una manciata di isole tutte insieme. Un paradiso di meraviglie a guardarle dall’alto, ma così complicate se vissute dal basso». A parlare è suor Rosanna Favero, veneta d’origine, da 30 anni missionaria in Mindoro Occidentale, isola delle Filippine. Una delle 7 mila isole, per la precisione, di cui 3 mila abitate. «Immagina la fatica dei trasporti, delle comunicazioni, dei servizi di base per gli abitanti delle isole minori, che così vengono privati dei diritti minimi, dall’acqua potabile alla salute, dal cibo adeguato alla scuola».
Ai vecchi problemi, aggravati dalla corruzione molto diffusa nel Paese asiatico, si sono aggiunte via via altre difficoltà. La prima, sempre più preoccupante negli ultimi anni, è la frequenza di devastanti cicloni, che a causa dei cambiamenti climatici colpiscono il Paese anche 15, 20 volte all’anno, distruggendo case e attività. Tuttavia l’ultima calamità, la pandemia da covid 19, è stata la più disastrosa: «La gente ha perso il lavoro e per chi lavora a giornata questo è tragico. Buona parte dei bambini non ha accesso all’istruzione online e la sanità, già insufficiente nei periodi di normalità, si è paralizzata per tutte le malattie». Anche la situazione sociale è degradata: «La violenza familiare è esplosa, mentre il dover stare in casa ha nascosto molte sofferenze e limitato la possibilità anche da parte nostra d’intervenire».
Per invertire la tendenza e dare una chance al «paradiso», l’unico modo è restituire alla gente la possibilità di lavorare. Cosa che le suore stanno già facendo, aiutando gli abitanti a creare 87 micro-imprese familiari a San Jose, la città in cui operano. Un progetto a cui Caritas sant’Antonio sta partecipando, grazie alla collaborazione con l’associazione Via Pacis di Trento, che da anni opera nel Sud Est asiatico, e grazie soprattutto agli aiuti dei lettori.
Una capacità di reagire da parte delle suore e della Chiesa locale che si è costruita nel tempo e che suor Rosanna può testimoniare, grazie ai suoi 30 anni di missione. All’inizio non è stato facile: «Nel 1992 ero nel primo gruppo di Ancelle missionarie del Santissimo Sacramento, chiamate dal Vicariato Apostolico di Mindoro Occidentale, da poco istituito, per aiutare la Chiesa locale. Ero affascinata dalla cultura orientale, per cui ero entusiasta e grata di far parte della nuova missione». L’impatto, però, è per certi versi sconcertante. «Venivo da una breve esperienza missionaria in Colombia, ma a Mindoro in quel tempo non c’era telefono, l’energia elettrica era per pochi, l’acqua potabile un lusso e l’assistenza medica un sogno impossibile. Ero davvero preoccupata di capire come inserirmi in questa realtà tanto diversa, come diventare sorella in cammino con questi fratelli ».
Fin dai primi giorni appare chiaro che ogni progetto e perfino ogni azione quotidiana sono ostacolati dalla geografia del luogo. E suor Rosanna prende a narrare la vicenda di una mamma di tre figli, accaduta agli inizi della sua missione: «È venuta da noi, dopo che il medico aveva diagnosticato una leucemia a suo figlio di 10 anni. L’unica possibilità era portarlo a Manila, la capitale. Un viaggio impossibile visto da Mindoro, per una nelle sue condizioni. Eppure ha avuto il coraggio di partire ugualmente, con il po’ di aiuto che siamo riuscite a darle. Ci ha lasciato i due figli più piccoli, dimostrandoci una fiducia che ci ha commosso. È ritornata con il corpo del figlio morto, avvolto in foglie di banano, perché non aveva i soldi per la bara. Sono stata molto colpita dalla sua forza, ma anche dalla sua resilienza, due tratti che ritrovo e ammiro in questo popolo povero e dignitoso».
Mindoro è la settima isola per grandezza, eppure le difficoltà dei suoi abitanti sono la regola. «All’inizio ciò che più mi angustiava era la condizione dei bambini e delle bambine – racconta suor Rosanna –. Chi di loro poteva frequentare la scuola doveva mettersi in cammino al mattino presto e più viveva lontano più era povero. Riconoscevi la povertà dal colore che assumevano le uniformi lungo il percorso: più chiare, più scure, fino a quelle decisamente sporche e lise. E con la polvere si accumulavano i debiti scolastici, le rette non pagate, i deficit di apprendimento». Le gradazioni della povertà erano visibili sul corpo di ogni bambina e bambino, sprecando intelligenze e futuro. «Era inaccettabile per noi suore tanta ingiustizia. Così abbiamo deciso di limitare le differenze di tonalità sulle divise dei nostri bambini e per prima cosa abbiamo investito sulla scuola».
L’altro ambito di urgenza riguardava e riguarda tutt’ora le donne, le più povere tra i poveri anche a causa di retaggi culturali, duri a morire. «All’inizio sono state le madri a parlarci degli abusi sulle bambine – ricorda suor Rosanna –, in buona parte perpetrati dagli stessi familiari, dimostrando una fiducia davvero grande verso di noi». Il tessuto sociale non aiuta: «Le frustrazioni vengono annegate nell’alcol, e una bottiglia di gin costa meno di una di birra». Le case fatte di un unico locale, di giorno sono cucine, di notte diventano dormitorio, in una promiscuità che non aiuta, mentre la povertà dei mezzi fa il doppio con la povertà umana. Abbiamo preso ad accogliere giovani incinte senza più chiedere chi era stato e che cosa era successo, per salvare il salvabile e dare un futuro ai neonati non voluti, diventando per molte madri abbandonate una famiglia». Da qui l’intuizione di offrire progetti di formazione umana e professionale per le donne, che hanno creato nel tempo migliaia di piccole imprese unifamiliari e migliaia di nuove dignità.
Ricominciare dal lavoro
In molte di queste azioni mirate e concrete, Caritas sant’Antonio ha avuto un ruolo fin dal 2007, insieme con l’Associazione Via Pacis. Aderire al progetto contro le conseguenze del covid è stata una naturale prosecuzione di un lavoro di promozione umana che dura ormai da anni. «Abbiamo chiesto a Caritas sant’Antonio di sostenerci per ridare i mezzi di lavoro a 87 famiglie di San Jose – spiega suor Rosanna –, basandoci sulle attività richieste nella zona: apertura di piccoli empori e rivendite di cibo cotto, un campo per produrre ortaggi e verdure, biciclette con carrelli per gli ambulanti di prodotti alimentari, produzione di pesce essiccato al sole, barche a motore e reti per la pesca, produzione e vendita di alghe marine». Caritas sant’Antonio ha stanziato per questo progetto di rinascita 30 mila euro lo scorso 21 dicembre e il lavoro è ancora in corso.
«Sant’Antonio – afferma suor Rosanna – è ben conosciuto nelle Filippine». Eppure a Mindoro occidentale la gente ha imparato a sentirne la presenza nella vita di tutti i giorni: «La mensa più grande è dedicata a sant’Antonio, in alcuni villaggi, grazie al vostro aiuto, il Santo ha portato l’acqua potabile, ha organizzato corsi di cucito, ha donato stanze agli ammalati di passaggio provenienti dalle isole minori, ha ridato il sorriso ai bambini di tante famiglie povere. In questo arcipelago così bello e complicato è confortante sapere che qualcuno ci aiuta a rendere meno difficile la vita della nostra gente».
Segui il progetto su www.caritasantoniana.org
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