Il silenzio, mentre si allontanano…
Un uomo e donna, dopo aver cantato e suonato (sono musicisti), camminano nell’inverno. Un paese del Piemonte. Piovà. Nel Monferrato. Piovà Massaia, per ricordare il vecchio cardinale ottocentesco, missionario in Etiopia. I due camminano alla fine di uno di questi lunghi giorni di inverno che sono un crinale: danno incertezza unita a una speranza. Certo, il clima è cambiato e non hai più certezze sulle oscillazioni delle stagioni: l’inverno non esiste più. Ma io ricordo quella notte: eravamo stati bene assieme e ora loro, da soli, se ne andavano via a piedi. E io li vedevo allontanarsi. Con molta lentezza, sottobraccio, nell’aria indecisa fra la nebbia piemontese, la pioggia sottile e fredda e il tentativo della neve.
Tutte le finestre delle case erano chiuse. Il rumore dei passi dell’uomo e della donna, all’inizio del loro lento saluto, erano scricchiolii sul ghiaccio e sul sale gettato in strada. Poi la scena fu davvero solo il silenzio. I passi dei due musicisti erano inudibili. Non vi era un solo rumore. Il film a cui stavo assistendo era muto. Perfino la macchina fotografica, che, alla fine, alzai, era silenziata. Non ci fu alcun click. Non rimasi a vedere scomparire quell’uomo e quella donna. Mi voltai e mi tenni addosso la loro musica e il loro silenzio.
Guardando quella foto, scegliendola con qualche malizia, come foto dell’inverno, ho pensato alla copertina, bianchissima, del libro di Erling Kagge, lo scrittore-esploratore che, per prima, ha raggiunto in solitario il Polo Sud per poi andarsene anche al Polo Nord e in cima all’Everest. Il libro racconta del silenzio, vi è raffigurato un albero in mezzo al gelo perfetto. Il silenzio è possibile solo nel freddo? Solo nell’inverno? Solo nel rannicchiarsi in se stessi in universo assopito? Che cosa è il silenzio? Non è né immaginabile, né possibile in un afoso giorno di luglio?
Non ho una risposta. So che in questa foto, nel non-racconto di due musicisti che camminano sotto braccio vi è il miracolo di un equilibro che lascia a noi la scelta: mi piacerebbe scattare questa stessa foto all’inverso, l’uomo e la donna che mi vengono incontro, a primavera, con una chitarra in mano lui e cantando lei. Le finestre, allora, si aprirebbero e i ragazzini correrebbero incontro alla musica. In fondo il silenzio deve parlare, deve suonare, deve raccontarci.