Tutti dobbiamo sposarci!
Dagli Atti degli Apostoli (At 14,21b-27)
«In quei giorni, Paolo e Bàrnaba ritornarono a Listra, Icònio e Antiòchia, confermando i discepoli ed esortandoli a restare saldi nella fede “perché – dicevano – dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni”. Designarono quindi per loro in ogni Chiesa alcuni anziani e, dopo avere pregato e digiunato, li affidarono al Signore, nel quale avevano creduto. Attraversata poi la Pisìdia, raggiunsero la Panfìlia e, dopo avere proclamato la Parola a Perge, scesero ad Attàlia; di qui fecero vela per Antiòchia, là dove erano stati affidati alla grazia di Dio per l’opera che avevano compiuto. Appena arrivati, riunirono la Chiesa e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede»
Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo (Ap 21,1-5a)
«Io, Giovanni, vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c’era più. E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva: “Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate! E Colui che sedeva sul trono disse: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose”».
Una terra nuova?
«Io, Giovanni, vidi un cielo nuovo e una terra nuova!». Qualche volta vi è capitato di vedere un cielo nuovo e una terra nuova? Di sicuro Paolo e Barnaba hanno visto tante «terre nuove», almeno stando a quanto troviamo nella prima lettura. Se la rileggete trovate nominate tante città, regioni, luoghi diversi… In pochi versetti migliaia di chilometri, e ogni volta una terra nuova. Ma se bastasse viaggiare per vedere «cieli nuovi e terre nuove», allora la salvezza sarebbe solo per chi ha tempo e soldi per fare vacanze di continuo in giro per il mondo. In realtà quello che troviamo nella prima lettura non è un diario di viaggio. Questi sono «gli atti degli apostoli», le azioni degli apostoli, dei testimoni della risurrezione del Signore. Questo allora non è un semplice diario di viaggio, ma è «parola di Dio». Che cosa fa di queste parole, di questo diario di viaggio, parola di Dio? Proprio il fatto che questo sono «atti degli apostoli», azioni di chi ha visto e dà testimonianza.
Non sono allora i tanti luoghi nominati che fanno sì che qui ci sia «terra nuova», non è il viaggio in sé, ma gli incisi, ciò che è scritto tra un luogo e un altro. Cosa ci dicono gli incisi? Ci dicono di uno sguardo, di un modo di guardare il mondo, da cui scaturiscono azioni ben precise: confermare, esortare, restare saldi, scegliere/designare, pregare, digiunare, affidare al Signore, credere, proclamare la Parola, affidarsi alla grazia di Dio, riunire la Chiesa… E, infatti, il brano termina proprio concentrandosi non tanto sui luoghi visitati, ma sulle azioni compiute dagli apostoli: «riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro».
Allora gli Apostoli vedono «cieli nuovi e terra nuova» non perché viaggiano, non perché cercano altrove, ma perché hanno degli occhi nuovi, hanno uno sguardo che ha visto la Pasqua del Signore e, quindi, sanno porre azioni nuove, che fanno nuove tutte le cose. Sanno vedere in ciò che accade, ciò che Dio fa nella loro storia. Non è allora diversa la terra, non è diversa la storia. Sono diversi i loro occhi! E questa è un’esperienza che può fare anche ciascuno di noi. Noi siamo immersi ogni giorno nella nostre vite, nelle nostre case, nelle nostre terre, sotto i nostri cieli. Saranno sempre le stesse, sempre quelle, niente di nuovo. Ma ciò che può essere nuovo, e lo chiediamo davvero al Signore, sono i nostri occhi. Noi possiamo essere diversi, noi possiamo essere nuovi.
Sposarci per vivere
«E vidi la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere la cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo» (Ap 21,2). Giovanni, nell’Apocalisse, guarda la terra, guarda la realtà che lo circonda. E anche lui, come Paolo e Barnaba prima, la vede come una cosa totalmente nuova. Per lui adesso ciò che lo circonda, è una realtà radicalmente nuova, che scende da Dio, qualcosa che Dio gli mette a disposizione, lì, per lui, come una sposa per il suo sposo. E come detto sopra, questa è un’esperienza che anche noi possiamo fare, che anche noi siamo chiamati a fare. Se lascio che Dio mi operi, mi faccia un trapianto degli occhi, allora anch’io posso guardare alla mia realtà, alla concretezza delle mie giornate, come ciò che io voglio sposare.
Ho bisogno anch’io di guardare la mia realtà con gli occhi di chi ha visto e ha creduto, con gli stessi occhi con cui la guarda Dio. Se la guardo così, allora vedrò la mia vita, la mia realtà, come qualcosa di radicalmente nuovo, degno di essere amato, assunto, scelto, abitato, sposato. Eccolo qui l’appello fondamentale del Vangelo: sposa la tua realtà! Non fuggire, non cercare tra le nuvole, non rifugiarti nei rimpianti, non scappare nei sogni, non chiuderti in camera tua… Sei chiamato a sposare la tua realtà, che è ciò che Dio ti consegna. Sei chiamato ad accoglierla, ad assumerla, a prendertene cura, ad amarla. Dio fa così con noi. Dio è appassionato di noi, Dio ci «sposa», ci prende, ci accoglie, si prende cura di noi, nella nostra realtà concretissima, così come siamo: Dio mi sposa così come sono, vuole stare con me!
«Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri» leggiamo nel Vangelo. Come Dio guarda il mondo, come Dio guarda me, e vede un figlio amato, vede uno per cui vale la pena dare la vita, così io, guardo la mia realtà, la mia vita, e la vedo con una terra nuova, una città nuova, che mi è data in sposa, perché io possa spendermi per lei, possa dare tutto ciò che sono per questa vita, per questa terra, per questa gente. Perché io possa amare al massimo delle mie possibilità, perché io possa amare come lui, nel matrimonio, nel ministero ordinato, nella vita consacrata, in missione, nel lavoro, in quello che volete.
Allora, che io sia un frate, una suora, un prete, un marito, una moglie, un uomo o una donna in qualunque stato di vita, un giovane in ricerca vocazionale… che io sia chiunque su questa terra, che io possa sposare questa mia realtà, ogni santo giorno, vederla con gli occhi di Dio, amarla come lui, dare tutto ciò che sono per questa intuizione che mi scalda la vita. Torniamo allora alle nostre solite e vecchie vite, ma ci torniamo da uomini e donne nuove. Nuovi come lui, il mattino di Pasqua, risorto, pronto a dare ancora e sempre la sua vita per noi. Buon cammino a tutti!
fra Nico – franico@vocazionefrancescana.org