Rimane solo ciò che doniamo
Tante volte mi verrebbe voglia di strappare quei grandi cartelli dalle scritte voraci: «Aperto di domenica». Mi fa male vedere questa esaltazione della fatica nel giorno di festa. È negare il diritto al riposo. È la vittoria dell’economia sull’uomo. Il Signore ha dato la domenica quale giorno di riposo, ma non per starsene in ozio, bensì per abbracciare. Per gustare, a tavola tutti insieme, il pane fragrante di grazia durante la Messa. Ci sono due motivi che rendono profumato come il pane questo mese di settembre. Innanzitutto è un mese che la Chiesa dedica al Creato, invitandoci quest’anno a riflettere sul tema «“Prese il pane, rese grazie” (Lc 22,19). Il tutto nel frammento», come ci ricorda il Messaggio per la giornata nazionale per la custodia del Creato (che si celebra il 1° settembre, data d’avvio anche del «Tempo del Creato» che si concluderà il 4 ottobre). E poi, sullo sfondo, il pane gustoso di Matera, che proprio in questo settembre ospita il congresso Eucaristico «Torniamo al gusto del pane. Per una Chiesa eucaristica e sinodale».
Profumano di pane, allora, le nostre Chiese, eternamente belle e fresche di vita. Generative. Con Gesù, nel mezzo, che si fa sacrificio perché il pane sia vero «corpo» e il vino, dono delle nostre vigne, si faccia danza, tutti insieme, a cerchio, in una gioia che non potrà mai finire. Eterna come l’amore del Signore Gesù. Quel pane spezzato si fa allora fonte di gratitudine e chi non è grato diventa ladro o predone, perché è convinto di non aver bisogno di nessuno: lui i doni li stringe, non li benedice. Spadroneggia, al punto da trasformare una terra ricca di risorse, già granaio per i popoli, in un teatro di guerra, come sta facendo Putin, che ha violato l’Ucraina al punto che oggi il Paese riesce con enorme fatica a far partire dai suoi porti solo qualche nave carica di frumento. Davanti al pane, allora, dobbiamo tutti essere un «grazie che cammina», non solo per gustarne il sapore ma anche per avvicinarci agli altri, con il loro profumo e il loro sudore. In dono reciproco!
La terra nella gratitudine respira e cresce. Come avviene in un piccolo paese del Molise, Matrice. Qui i terreni sono arati con amore, la semina è curata e così si produce un grano buono e antico, il «Senatore Cappelli», gustoso e resistente al fuoco. Frutto di tutti: di chi lo ha seminato nei solchi aperti; di chi lo ha raccolto sotto il caldo sole di giugno; di chi lo ha cotto nel forno a legna; di chi lo ha venduto con delicatezza. In un quadrilatero che fa di quel pane un capolavoro di solidarietà! Solo così il pane gustato si fa messaggio etico, come spiega questa antica leggenda orientale: «Quando un bimbo nasce, un angioletto gli pone nel palmo della mano un chicco dorato. Il bimbo lo stringe, sempre più forte. Teme gli venga rubato. Ma, al termine della vita di quel bimbo divenuto adulto, l’angioletto resterà deluso, perché troverà ammuffito quel chicco dorato che aveva offerto in dono. Il bimbo (immagine di ciascuno di noi!) lo ha tenuto troppo stretto e troppo a lungo e così lo ha reso sterile e senza vita. Perché c’era solo un solo modo per far vivere quel chicco: aprire la mano! Il chicco sarebbe scivolato via e sarebbe finito nei solchi scuri della terra, dove sarebbe diventato una spiga da ridonare all’angelo. Una spiga, non un semplice chicco dorato».
Il grano, come il pane che di esso è fatto, è vita. Trattenuto, ammuffisce. Donato, fiorisce. Ed è nella domenica vissuta insieme che potremo comprendere come sia luminoso quel dono, nella certezza fatta storia che ci resta in mano davvero solo ciò che doniamo non ciò che stringiamo con possesso, perché «c’è più gioia nel dare che nel ricevere» (At, 20,35).
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