Tasti dolenti
Mi racconta Piera, una mamma quarantenne: «I miei genitori mi soffocavano e controllavano ogni mio respiro. Incalzanti, volevano sapere ogni virgola della mia giornata. Adesso ho tre figli che fanno a gara per tirarmi a destra e a sinistra o per richiamare la mia attenzione. Da un lato penso: “Ma non possono rivolgersi un po’ anche al papà? Perché sempre a me?”. E dall’altro: “Possibile che quello che ho vissuto da ragazza adesso lo devo vivere anche con i figli?”. A volte sento proprio il loro fiato sul collo. Mamma di qua, mamma di là… è quasi un incubo. Ho bisogno di staccare e spesso non vedo l’ora che arrivi il lunedì per tornare al lavoro».
I figli tirano fuori tutto. Inevitabilmente. Non può essere altrimenti. Volente o nolente vedi in loro la tua infanzia e l’educazione ricevuta, ciò che è andato bene e ciò che è andato meno bene, e tutti i vuoti – o gli eccessi – che l’hanno caratterizzata. Si tratta dei cosiddetti «tasti dolenti», quei rimasugli che arrivano dritti dritti da quando eravamo bambini e bambine e la dipendenza dalle figure adulte ci procurava una sensazione continua di insufficienza, di privazione, di incapacità. Arrivata a essere a tua volta mamma, dovresti liberarti da queste ferite della tua infanzia che appartengono solo a te, invece no. Che cosa succede? Si ripresentano coi tuoi figli. O cercando di fare esattamente il contrario: «Non mi ascoltavano mai. Adesso voglio avere un buon rapporto coi miei figli. Accoglierli e ascoltarli sempre». Oppure proiettando sui figli l’ombra lunga dei propri genitori: «Non è possibile che siano così disordinati, esattamente come mio padre. Non voglio che si ripetano queste storie».
Eppure, quello che è successo a te non può diventare il parametro per giudicare le scelte da compiere con i tuoi figli che sembrano raggiungere i tuoi strati emotivi più profondi, quelli che neanche tu conosci veramente. Riescono a farti perdere il controllo, a farti urlare oltre misura o a farti concedere quello che non sarebbe opportuno concedere. I tasti dolenti da compensare sono davvero infiniti. Alcuni esempi bastano a capire la loro origine: «Non giocava mai con me», «Non mi aiutava a fare i compiti», «Volevano scegliessi il percorso di studi che loro non hanno potuto seguire», «Mi prendeva in braccio pochissimo e non potevo mai andargli vicino per abbracciarlo»... Ma è proprio così necessario tenere vivi questi «tasti dolenti»? A che cosa serve stare addosso ai figli sui compiti scolastici, trasformare la famiglia in un vero e proprio doposcuola solo perché aleggia il fantasma dei tuoi genitori che non ti hanno mai aiutato? Liberarsi dal peso dei tasti dolenti infantili che continuano a riverberarsi nel rapporto coi figli rappresenta una straordinaria occasione di miglioramento. La responsabilità di farli crescere implica anche quella di far crescere se stessi come persone.
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