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Paolo Malaguti

SicutErat

Il Mistero in dialetto: storia di una fede piana
14 Giugno 2025 | Recensione di
SicutErat
Scheda
Lev
2025
€ 14,00
Paolo Malaguti è nato a Monselice (Padova) nel 1978, risiede a Asolo (Treviso), insegna Lettere in un istituto superiore di Bassano (Vicenza) e ha pubblicato diversi romanzi, più volte ristampati e riediti. Ha esordito con Santi Quaranta con "Sul Grappa dopo la vittoria" (2009, poi Einaudi 2024). Con "La reliquia di Costantinopoli" (Neri Pozza 2015) ha partecipato al Premio Strega. Per Einaudi ha pubblicato "Se l’acqua ride" (2020, Premio Latisana per il Nord-Est ex aequo, Premio Biella Letteratura e Industria, selezione Premio Campiello), "Il Moro della cima" (2022, Premio Mario Rigoni Stern, Premio Monte Caio e Premio Vallombrosa), "Piero fa la Merica" (2023, Premio Acqui Storia, Premio Alessandro Manzoni), "Fumana" (2024).

«La fede – soleva ripetere papa Francesco – si trasmette in dialetto». Dialetto che non è quella lingua parlata in una determinata area geografica e nemmeno il cosiddetto «lessico familiare», bensì quell’insieme di parole, gesti e mimiche facciali, di carezze e abbracci «che tengono strettamente collegate la dimensione affettiva e quella del contenuto spirituale che si vuole trasmettere», come papa Bergoglio stesso ebbe modo di spiegare ad Andrea Monda, direttore dell’«Osservatore Romano» che sul tema lo aveva interrogato, e che cura la prefazione del volume che ci apprestiamo a presentare.

E proprio questa dimensione «affettiva», fatta di parole che mescolano italiano e «latinorum», di gesti piccoli ma importanti, è una costante dell’ultimo libro di Paolo Malaguti, SicutErat (Lev), una sorta di memoir che raccoglie i contributi che lo scrittore padovano (è nato a Monselice, al confine tra le province di Padova e Rovigo) ha scritto per il quotidiano della Santa Sede. Una raccolta di ricordi personali, storie di un quotidiano buono, che profuma di pane appena sfornato, e che narrano piccoli grandi episodi nei quali protagonista è una fede semplice e profonda che permea la visione del mondo e le relazioni tra le persone. 

Fa bene al cuore leggere queste pagine, e non per un afflato nostalgico, ma perché (al di là del piacere di una scrittura, ironica e brillante, che si snoda morbida) restituiscono il valore di modalità di vita ormai desuete, ma colme di un senso profondo. Quel senso che, pur nelle difficoltà di esistenze sicuramente meno «comode» di quelle attuali, ha forgiato il volto di generazioni di credenti a cui, oggi, tutti noi dobbiamo essere debitori. La fede è cosa viva, parla, esiste, si esprime nel cammino quotidiano delle persone ed è forse proprio questa vitalità intrinseca che talvolta oggi manca in modo così profondo. Intendiamoci: non che la dimensione più intellettuale della fede non sia fondamentale. Ma ciò che costruisce cristiani è, soprattutto nelle prime fasi della vita, altro. Ed è per questo che la fede si impara, si respira, in famiglia, come la lallazione di un bimbo.

Un volume, questo di Malaguti, che si rivolge agli adulti (e che di certo susciterà molti ricordi…) ma che va letto anche dai più giovani, ai quali forse non sempre noi adulti di oggi riusciamo a trasmettere questo lessico genuino e così autenticamente umano, così ricco di fede.

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Data di aggiornamento: 18 Giugno 2025