Acuti come aquile
Parole che forse ci intimoriscono, quelle di sant’Antonio. Non solo perché intuiamo immediatamente che il Santo, ogniqualvolta parla della vita cristiana, non bada a spese: delinea infatti orizzonti impegnativi e seri, molto seri. Ma anche perché alcuni dei termini impiegati non sembrano appartenere più al lessico della spiritualità odierna: contemplazione, splendore del vero, ardore della mente. Superiamo però questi ostacoli e accostiamoci alla riflessione di Antonio con il desiderio di lasciarcene nutrire; cogliamone le scintille centrali e capaci di donarci coraggio. In estrema sintesi, prima ancora di valorizzare qualche dettaglio suggestivo, va detto innanzitutto questo: nessuno che cammini sulla strada del Vangelo è esente da peccato, da fragilità, da ostacoli. Ma a tutti è data sempre la possibilità di ripartire. E tale ripartenza viene interpretata come ritorno alla giovinezza. Sì: man mano che passano gli anni, la vita spirituale può farci diventare sempre più giovani! L’età anagrafica non è la sola che influenza la nostra esistenza; anagraficamente possiamo essere anche molto anziani ma spiritualmente, proprio in età avanzata, potremmo essere molto giovani!
Qual è il segreto affinché ciò possa avvenire? Sembra che si possa rispondere così: occorre essere acuti; l’acutezza è l’ingrediente principale. Come immagine simbolica ci viene infatti proposta l’aquila: acuta nella vista, acuta nel becco. Gli occhi si mantengono acuti se rimangono fissi sullo splendore del vero sole, contemplandolo. Facile è pensare che il vero sole sia il Signore. Ciò che ci fa paura è però l’invito alla contemplazione. Pare suggerirci una capacità per pochi eletti, un’attitudine per anime speciali in grado di estraniarsi dalla realtà per immergersi nelle cose celesti. Cosa siano, poi, le cose celesti non si sa. Val la pena, in realtà, affidarci al senso più genuinamente cristiano della contemplazione. Si tratta di rifocalizzare l’orientamento del proprio cuore, dell’intera nostra vita, nella concretezza di Gesù, del suo amore per noi. Tante volte il nostro sguardo è distratto, strattonato e diviso. Riandare al Signore, contemplandone gesti e parole, ci offre la possibilità di essere riplasmati da un amore sorprendentemente sbilanciato tutto a favore nostro. Non si può rimanere inerti e indifferenti. Ne veniamo rianimati!
Anche il becco dell’aquila è acuto, ma col passare degli anni, osserva sant’Antonio, diviene più grossolano. La cosa viene interpretata come indurimento del peccato, da cui mai siamo del tutto liberi. Ma daccapo ci viene regalata la via d’uscita, la strada per divenire sempre più giovani. Come l’aquila affila il suo becco contro una pietra, noi possiamo divenire giusti e acuti riaffilando il nostro cuore mediante la confessione, sempre. Nel sacramento della confessione – accolto come il dono di un’alleanza sempre offertaci da parte di Dio – ritroviamo il nutrimento della dolcezza interiore e la giovinezza dello spirito. Solo la viva esperienza può farcelo gustare.
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