Le app salva-cibo (e pianeta)
Al centro della sfida per la sostenibilità globale appare il paradosso crudele dello spreco alimentare: da un lato, infatti, c’è l’accumulo di rifiuti su scala mondiale (un miliardo e mezzo di tonnellate di cibo gettato ogni anno), mentre, dall’altro, rimangono le troppe persone invisibili che patiscono la fame. Nel corso del convegno organizzato dall’Osservatorio Food Sustainability del Politecnico di Milano, la direttrice Giulia Bartezzaghi ha sottolineato come ad amplificare lo spreco alimentare sono proprio le nostre cattive abitudini: dalle date di scadenza lette con superficialità a una errata conservazione degli alimenti spesso dimenticati in qualche angolino di frigo o dispensa. Quella contro il food loss (espressione coniata dalla Food and Agriculture Organization, Fao, per sottolineare lo sciupìo di cibo nel mondo) è dunque una lotta che deve iniziare dalla modifica delle nostre abitudini. Ad aiutarci in questo cambio di stile è oggi l’adozione di alcune misure tecnologiche, app e piattaforme digitali, che dispensano buoni consigli e ci guidano con attenzione verso la riduzione della quota di prodotti destinati al bidone dell’immondizia.
Per una spesa intelligente
Ad affiancare i nostri occhi nella lettura delle date di scadenza poste sulle confezioni è l’applicazione intelligente MyFoody, ideata da Francesco Giberti, già fondatore del Babaco Market, un e-grocery (un grossista online), che distribuisce sul web gli ortaggi con piccoli difetti estetici. «Ho sempre avuto il pallino per la sostenibilità – racconta Francesco –. L’idea di MyFoody è arrivata subito dopo aver constatato di persona quanto si fosse raggiunto il limite. Infatti, dopo aver acquistato un pacchetto di biscotti biologici vicini alla scadenza, in cassa me lo hanno fatto pagare a prezzo pieno. Da qui è nata l’intuizione di un sistema che seguisse la vita dei prodotti rendendoli disponibili a un prezzo scontato se prossimi al termine». Grazie all’app, è possibile conoscere gli alimenti che difettano nella confezione o stanno per scadere, ancor prima di essere gettati dagli stessi supermercati che sono obbligati a seguire delle strategie di marketing poco affini alla lotta anti-spreco. Il sistema è davvero molto intuitivo: l’utente riceve sul cellulare le notifiche riguardanti i punti vendita più vicini oltre alla lista delle offerte acquistabili. «Inoltre, con il nuovo progetto “Meet My Brand” si espande l’impegno a più settori, mostrando le aziende che portano avanti il tema della sostenibilità e responsabilità sociale. L’obiettivo è poter condividere i valori legati al rispetto dell’ambiente, l’uso di energie rinnovabili e la trasparenza del percorso di filiera», prosegue Francesco. In questo modo, gli sprechi si trasformano in risorse e, in un batter d’occhio, si crea anche una community che collabora via web, seguendo le stesse abitudini eticamente corrette. «Ho pensato a un nome appropriato per gli utenti di questa comunità digitale: il popolo dei “Foodies” che ha già raggiunto i 60mila iscritti ed è felice di condividere buone pratiche antispreco. Insieme si pianificano gli acquisti, scambiando consigli e tenendo sotto controllo quali prodotti riporre nel carrello».
Incentivare i consumi a km zero
Verificare sempre il cibo presente in casa, prima di andare a fare la spesa, aiuta non solo a sprecare meno, ma anche a organizzare pasti più equilibrati per tutta la settimana. Un buon comportamento ecosostenibile prevede infatti l’acquisto di alimenti essenziali, preferendo la qualità alla quantità. Oggi la tecnologia digitale consente persino di rintracciare prodotti a chilometro zero, abbattendo l’inquinamento e l’utilizzo di carburanti e imballaggi. A guidare verso una scelta più consapevole e vicina al proprio territorio è EcoFood Prime, l’app progettata da due giovani palermitani, Martina Emanuele e Giuseppe Blanca, orgogliosi della loro avventura contro lo spreco alimentare. «L’app segnala dove trovare i prodotti scontati di produzione territoriale, rintracciando in tempo gli alimenti che rischiano di essere invenduti», spiega Giuseppe. Il meccanismo prevede l’invio sullo smartphone della lista dei punti vendita (botteghe, rosticcerie, pasticcerie e ristoranti) che mettono in vendita i piatti cucinati con ingredienti a filiera corta e che sono avanzati durante la giornata. Si può decidere di ritirare le pietanze direttamente in negozio o sfruttare il servizio a domicilio: in tal modo si risparmia sull’acquisto e il punto vendita recupera il costo ed evita lo smaltimento dell’invenduto. «Ci sono anche tanti suggerimenti per aiutare a cambiare le proprie abitudini un po’ alla volta – conferma Martina –. Inoltre, per rendere la community partecipe alle attività di volontariato, è possibile attivare la sezione “Dona”, così da individuare le onlus più vicine e offrire il cibo alle famiglie bisognose». L’applicazione è per adesso attiva soltanto in Sicilia, ma a breve sarà resa funzionante anche per il resto d’Italia.
Chiare e fresche etichette
L’incognita numero uno dello spreco alimentare rimane comunque l’etichetta posta sulle confezioni: un elenco per il quale occorre molta «sapienza interpretativa», già a partire dalla sostanziale differenza tra le diciture «Da consumarsi preferibilmente entro» e «da consumarsi entro». Più attenzione richiedono infatti gli alimenti maggiormente deperibili (latte fresco, uova, yogurt e ricotta) che prevedono un’indicazione più rigida. A volte, però, il cibo è buono da mangiare anche dopo il termine massimo di conservazione: in questi casi, superato cioè quel limite, l’alimento non va a male, semplicemente perde alcune caratteristiche di freschezza e proprietà organolettiche, come, in alcuni casi, gusto e fragranza. Buttarlo nell’immondizia è dunque uno spreco davvero inaccettabile. A combattere la tendenza a eliminare indifferentemente il cibo ci ha pensato Lucie Basch, ideatrice di Too Good To Go, un’applicazione nata in Danimarca, giunta ormai anche nel nostro Paese, con la nuova iniziativa «etichetta più consapevole». È importante considerare la dicitura «spesso buono oltre – spiega Lucie –. Si tratta di un modo originale per incoraggiare la gente a non fermarsi di fronte a un giorno o due oltre la data di scadenza, ma a utilizzare i propri sensi prima di destinare l’alimento all’immondizia. Grazie all’app, inoltre, commercianti e ristoratori possono mettere in vendita il cibo rimanente a fine giornata, avvertendo i propri clienti della disponibilità di prodotti a un terzo del prezzo di base».
Aumentiamo il senso di solidarietà
Sulla tavola sprecona compaiono in bella vista anche alcuni eventi speciali, come matrimoni e congressi, situazioni dove avviene di norma lo scempio del cibo, poiché almeno un terzo di quei pasti luculliani non viene mai consumato del tutto. I fondatori della piattaforma digitale Equoevento, Carlo De Sanctis, Giulia Proietti e Francesco Colicci, guidano un gruppo di volontari per il recupero delle eccedenze durante gli eventi, distribuendole poi alle mense dei poveri attraverso la stessa applicazione. Ma a sorprendere è come sia balenata loro quest’idea: «Ci trovavamo tutti e tre allo stesso matrimonio – racconta Giulia –. Sapevamo come le agenzie di catering stimassero un margine di sicurezza del 30% che serve come garanzia di non trovarsi nell’imbarazzante situazione in cui le pietanze non siano sufficienti per i presenti. Così abbiamo pensato di recuperare i pasti già cotti a un orario prestabilito, evitando loro il bidone della spazzatura». Ma il cuore del progetto sono gli oltre cento volontari che si prodigano per recuperare il cibo in eccedenza. «È come una catena di montaggio: gli organizzatori dell’evento ci contattano per segnalare data, orario e location. Le informazioni vengono condivise attraverso l’app con tutti i volontari, poi si concordano le modalità di recupero. Ci rechiamo quindi nella location, confezioniamo il cibo in apposite vaschette termiche e lo trasportiamo con i furgoni refrigerati alla mensa designata», spiega Carlo. Sottraendo gli alimenti alla logica dello spreco, si effettua così un’azione di sostenibilità perché il cibo in eccesso acquista valore. E con le nuove tecnologie a portata di mano diventa anche più semplice agire sulla prevenzione, estendendo il ciclo di vita degli alimenti e favorendo la modifica delle cattive abitudini.
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