Maggio, il mese della vita
Maggio, un nome che viene dal sanscrito mahi, che significa la grande madre, la terra. Il mese della fioritura, dello sbocciare, della vita che esplode e ci trascina con sé. Il mese in cui si celebra quell’evento miracoloso e sacro che è la maternità, paradigma di ogni relazione etica, come si riconosce anche in tanti ambienti totalmente laici (penso alla filosofa femminista Antoinette Foque, tra le altre).
Una relazione che è prima di tutto accoglienza incondizionata. Lasciarsi «invadere» e trasformare da chi abbiamo accolto, senza viverlo come una privazione, ma al contrario come un’occasione unica di abbracciare e sentire la vita con un’intensità inedita.
Il luogo di un’asimmetria radicale giocata nella direzione della cura della sollecitudine, che fa bene e dà forma innanzitutto a chi la pratica. Il luogo di un sapere incarnato, di una concretezza vivente che è insieme esperienza assolutamente individuale e movimento universale. Ciò che è vivo dà frutto, scriveva Goethe. La sterilità è mortifera. Come il sogno di fabbricare la vita con la tecnica.
Maggio è anche il mese della madre per eccellenza, Maria. La donna che dicendo sì alla vita, cambia la storia dell’umanità. Il segno vivente che l’incarnazione non è un regalo della benevolenza di Dio, ma il frutto di un libero sì. Non poteva esserci incarnazione senza questa libertà. E non può esserci cammino nella fede senza che questa libertà venga custodita e coltivata. Un messaggio del quale, forse, oggi le donne, nella chiesa, possono e devono farsi più convincenti messaggere.
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