Fatima è una donna musulmana. Che già di per sé di questi tempi non aiuta un granché. Ma Fatima è probabilmente anche la prima delle 84 vittime che il killer ha causato guidando all’impazzata un tir sul lungomare di Nizza, la Promenade des Anglais, il 14 luglio scorso.
Fatima Charrihi, sessant’anni, di fede musulmana, «indossava il velo e praticava l’islam vero, non quello dei terroristi», ha raccontato uno dei suoi sette figli. Scorrendo la lista dei morti s’incappa in altri nomi di origine araba (persino una mamma e il piccolo figlio marocchini). Ma anche kazaki, armeni, polacchi, russi, italiani, americani, oltre naturalmente a francesi. Di alcuni si sa che erano di fede musulmana, di altri cattolica e persino un ortodosso. Immaginiamo che molti fossero anche semplicemente non credenti. Erano tutti assieme lì, quella sera, mescolati tra di loro, in un contesto di festa.
Mi domando che cosa possa dirci tutto ciò… E che il tutto sia successo il 14 luglio, festa nazionale francese ma memoria per tutti noi di valori fondamentali e irrinunciabili per l’umanità come l’uguaglianza, la fraternità e la libertà…
Che provocazione c’è per tutti noi, per i nostri governi e le nostre istituzioni? E per i credenti, in qualsiasi fede si identifichino? Non è il momento per cui credenti, diversamente credenti o per niente credenti, proviamo tutti assieme a rafforzare i legami di solidarietà e fraternità, riscoprendoci tutti figli dello stesso Dio o almeno tutti coinvolti nella stessa avventura su questa Terra? Aiutandoci, nel riconoscimento e nella stima reciproca, a venircene fuori da qualsiasi forma di xenofobia o razzismo? La lotta contro il male, oltre e più che nelle operazioni di polizia o degli eserciti, non passa piuttosto ormai da queste parti? Cominciando a combattere quel male che c’è in noi, tra noi e i nostri vicini? Facendolo con gesti concreti e a portata di mano. Delle nostre mani.
Intanto impediamoci almeno di farci trascinare in queste barbarie, di aumentare anche solo di un grammo l’odio che alligna attorno a noi aggiungendoci il nostro.
Non resta ora che pregare perché ognuno di noi, tutti ugualmente, vittime e carnefici, possiamo vivere nella misericordia e nel perdono. Trovando accanto a noi non chi ci arma la mano contro qualcun altro, approfittando del nostro malessere o della nostra disperazione. Ma chi ci aiuti davvero, anche concretamente, a non recedere dalla nostra dignità e responsabilità.
P.S. In tante altre stragi, più o meno mediaticamente «coperte», vittime e terroristi rimangono per sempre senza nomi… Chiediamo perdono, e invochiamo pietà anche per loro!