Quando penso alla Bosnia, mi appaiono le sue montagne d’autunno rese sfolgoranti, anche nelle giornate più grigie, dai melograni. Come è stata possibile la guerra tra tanta bellezza?
Alla scoperta del Paese europeo più giovane, per la geografia e l’anagrafe. Eppure qui la devozione antoniana è profonda e radicata, intrecciata all’identità nazionale, e coinvolge non solo i cattolici.
Lassù ad Asiago, sull’altipiano dei Sette Comuni, tutto parla ancora del grande autore de«Il sergente della neve». La panchina e il tavolo di legno tra gli alberi sotto casa, dove nella bella stagione Rigoni Stern accoglieva i visitatori, sono sempre lì. Manca solo la betulla: è stata tagliata lo scorso novembre perché malata. L’aveva piantata lui, era uno dei suo alberi preferiti insieme al larice.
Il film «Good Kill» del regista Andrew Niccol denuncia l’alienazione e la follia della guerra moderna in cui la tecnologia trasforma ideali, sentimenti e sofferenze in una sorta di videogioco dove vita e morte diventano solo un dato statistico.
«Parti intere del mondo si svuotano, di uomini, di rumori, di vita. Percorro squarci sterminati di Africa e di Medio Oriente e scorgo soltanto deserti e sterpaglie». Inizia così l’ultimo lavoro di Domenico Quirico, inviato de «La Stampa». Una cronaca, attenta e fedele, dei tanti viaggi fatti in compagnia dei migranti.
È trascorso ormai più di un mese da quel terribile 22 marzo in cui trentadue persone persero la vita nel corso di due attentati che a distanza di poche ore seminarono il terrore nella capitale belga. Ancora oggi cercare di rileggere a mente più fredda quei fatti non è semplice.