«Poesia al tempo del virus», recita il sottotitolo di quest’ultima raccolta del famoso poeta e scrittore olandese. Eppure la parola «virus» non vi compare mai: piuttosto cammini, addii, guerre, morte, fantasmi, perdite, silenzio.
La «fine della fine» cerca di indagare il poeta, e visto che drammaticamente il misterioso «artefice» se ne sta nascosto, non rimane altro che intuire un orizzonte che svanisce «come un miraggio o appariva come poesia». La sola rimasta a gridare più del virus.
In un Paese che vede andarsene ancora adesso quasi 400 persone al giorno (questo il dato quotidiano mentre stiamo scrivendo) per il covid, forse la vicenda dei 206 preti diocesani che sono morti tra il marzo e il novembre 2020 può non colpire particolarmente.
Scriveva Bonhoeffer: «Non trovi anche tu che la maggior parte delle persone non sanno a partire da cosa vivono? Vivere partendo dalla risurrezione: questo significa Pasqua».
Si insinua in una tranquilla comunità e genera emarginazione, rabbia, violenza. Come quella di cui è stato vittima Matthew Shepard. Lo spiega lo spettacolo teatrale «Il seme della violenza».